lunedì 23 marzo 2020

CECITÀ di José Saramago, un “povero animale”


Recensione CECITÀ di J. Saramago  (Feltrinelli) a cura di Selene Luise

Un “povero animale”




Quando si vivono dei periodi difficili e il mondo sembra più complicato e contorto di quanto non sia, la miglior soluzione è leggere dei libri che ti aiutino a comprendere meglio il periodo che stai vivendo.
Nella situazione attuale, in cui un nemico invisibile ci tiene prigionieri nelle nostre stesse case, delle nostre paure, ho deciso di leggere un libro che da anni attendeva sulla scaffalatura il suo turno. Un libro la cui reputazione mi rendeva restia ad affrontare: CECITÀ di José Saramago.
In un luogo e in un’epoca imprecisati, una misteriosa malattia rende cieca un’intera città.
Il Governo, all’inizio, cerca di arginare l’epidemia con i normali mezzi: quarantena e isolamento, ma la situazione precipita e l’essere umano, privato del suo senso più importante, è spogliato di ogni sovrastruttura di civiltà, fino a ridursi, come dice l’autore stesso, a un “povero animale.” Il che, probabilmente, è ciò che realmente siamo.
La specie umana si crede superiore perché articola suoni complessi, è in grado di disegnare suddetti suoni e cammina su due gambe, ma se fosse davvero quel che crede di essere, perché semina morte anziché aiutare a vivere? Perché spende milioni per costruire armi e bombe? Perché in mente non ha altro che il profitto? Un profitto di cosa, poi?
La storia misura l’evoluzione in base alle comodità prodotte in una data epoca, ma se togliamo queste sovrastrutture, ci si rende conto che forse non ci siamo mai evoluti, non come crediamo.
Questo è il messaggio che l’autore vuole trasmettere, attraverso il racconto: siamo tutti ciechi. Non di una cecità fisica, ma dell’anima. Siamo accecati dal progresso, dal denaro, dal potere. Quel che è peggio è che noi stessi abbiamo creato le suddette cose. Praticamente ci accechiamo da soli, e neanche ce ne rendiamo conto, salvo rarissime eccezioni.
Questo libro mi ha aiutato a vedere con maggior chiarezza quel che stiamo vivendo al momento attuale e, quando tutto sarà finito, non credo che ne usciremo migliori di prima. Forse diversi, ma non certo migliori.
L’umanità, nel corso dei secoli, ha affrontato tante epidemie. Ciò ha accresciuto il suo sapere scientifico, ma non l’ha di certo migliorata.
È rimasta la solita razza votata all’autodistruzione.




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