COPIA & INCOLLA: Contaminazioni, prestiti e
restituzioni
RIASSUNTO:
Un modo semiserio di affrontare il problema dei prestiti e delle restituzioni
nelle opere d’arte a cominciare da quelle narrative e quindi dell’influenza e
dei debiti di alcuni autori nei confronti di altri autori partendo da un
esperimento compiuto ormai già dieci anni fa e che sembrava diventare una moda.
Rimase confinato nella nicchia degli esperimenti e vide pochi risultati. Parlo
degli esperimenti di copia-incolla di alcune pubblicazioni di anni addietro. E’,
dicevo, un incipit semiserio per un’analisi di problemi come appunto la
differenza tra influenza, copiatura, plagio, citazione ecc Naturalmente il
problema della influenza sulla ispirazione è cosa seria e va affrontata caso
per caso come nel tentativo che riporto in nota. Concludo questa analisi con un
esperimento di copia-incolla che mi sono divertito a fare. Prometto
solennemente che il prossimo contributo a questo blog sarà serissimo. Ovvero sarà
un corollario del post su La terra desolata di Thomas Eliot che racconterà
proprio due aspetti del problema che tratto qui: i debiti che lo stesso Eliot dichiara,
in una nota a La terra desolata, di avere con Ovidio e il rapporto epistolare
con un giovane amore che ha influito sulla sua ispirazione.
L’uso dei social e i moderni mezzi di comunicazione
di massa ci hanno abituato in questi anni alla contaminazione dei linguaggi, attraverso
prestiti e restituzioni.
C’è stato un periodo in cui una specie di moda come
il “copia-incolla” ha contagiato anche autori di narrativa che hanno
sperimentalmente usato questa specie di gioco per rinverdire la loro
ispirazione. Sono nate e sono state pubblicate alcune opere interessanti che con l’alibi della sperimentazione hanno
preso la scorciatoia rispetto al
serissimo canone che da sempre viene
usato in tutte le forme espressive e che
viene chiamato di volta in volta
corrente letteraria , scuola di pittura , ecc che pur usando
un suo linguaggio specifico è spesso la trasformazione e l’innovazione
rispetto a scuole, correnti precedenti .Molti autori confessano e dichiarano apertamente i loro
debiti nei confronti delle opere dei
loro predecessori .
Molti autori, anche classici, devono molto alle
traduzioni di scrittori stranieri e a volte dipendono fondamentalmente da
quelle traduzioni. Scrive per esempio Alfonso Berardinelli recensendo Il
saggio innovativo di Michele Sisto sull’influenza dei libri Traiettorie.
Studi sulla letteratura tradotta in Italia
(Quodlibet, pp. 317: “Le svolte più radicali avvenute nella nostra letteratura
nell’Ottocento e nel Novecento sono state provocate più dalle suggestioni e
dall’esempio di scrittori stranieri, tradotti o meno, che dal passato
letterario italiano. La cosa è anche troppo chiara se si pensa al romanzo.
Senza l’influenza di Goethe e di Sterne, la narrativa di Foscolo non sarebbe
nata e senza la lettura dei romanzi storici di Walter Scott non sarebbe venuto
in mente a Manzoni di scrivere I Promessi Sposi. Il più grande narratore
del secondo Ottocento, Giovanni Verga, nasce direttamente dal romanzo realista
e naturalista francese e senza le influenze francesi, tedesche e russe
sarebbero inconcepibili Svevo, Pirandello e D’Annunzio. La Francia, del resto,
ha continuato a dominare e a orientare diverse letterature europee almeno fino
al 1945: prima con Valéry, Apollinaire, Proust e Gide, poi con Sartre e Camus,
infine, fino a ieri, con strutturalisti e post strutturalisti come Barthes,
Foucault, Derrida.”
Harold Bloom scrive in Anatomia dell’influenza .La
letteratura come stile di vita
Rizzoli “Anatomia
dell'influenza riflette su un ampio ventaglio di rapporti d'influenza.
Shakespeare è il fondatore, e inizierò da lui, passando dall'influenza di
Marlowe su Shakespeare a quella di Shakespeare sugli scrittori da John Milton a
James Joyce. I poeti che scrissero in inglese dopo Milton tendevano a lottare
contro di lui, ma ai tardoromantici toccò sempre fare una tregua anche con
Shakespeare. In modi assai diversi, Wordsworth, Shelley e Keats dovettero
stabilire, nella loro produzione poetica, un rapporto tra Shakespeare e Milton.
Come vedremo, il meccanismo di difesa adottato da Milton contro Shakespeare è
una rimozione altamente selettiva, mentre quello scelto da Joyce è
un'appropriazione totale” (…) L'atto di
privare il precursore del suo nome mentre si conquista il proprio coincide con
la ricerca dei poeti poderosi o severi. La trasmutazione di Walter Whitman
junior in Walt fu accompagnata dall'ambivalente venerazione del bardo americano
per Emerson. (...) I miei studenti mi chiedono spesso perché i grandi scrittori
non possano iniziare da zero, senza alcun passato alle spalle. Posso soltanto
rispondere loro che non funziona così, perché, nella pratica, ispirazione
significa influenza, come accade nel vocabolario di Shakespeare. Essere
influenzati significa ricevere un insegnamento, e un giovane scrittore legge
per cercare un ammaestramento, proprio come Milton leggeva Shakespeare, o come
Crane leggeva Whitman, o Merrill leggeva Yeats. Dopo aver insegnato per più di
mezzo secolo, ho capito di essere utile ai miei studenti soprattutto come
provocazione, una consapevolezza che si è estesa alla mia attività di
scrittore. Questo atteggiamento allontana alcuni lettori appartenenti al mondo
dei media e dell'università, ma non sono loro il mio pubblico. Gertrude Stein
osserva che si scrive per se stessi e per gli estranei. A mio avviso, ciò
significa parlare sia con me stesso (che è quanto la grande poesia ci insegna a
fare) sia con i lettori dissidenti di tutto il mondo che, nella solitudine,
cercano istintivamente la qualità in letteratura, disdegnando i lemming che
divorano J. K. Rowling e Stephen King mentre corrono giù per i dirupi, verso il
suicidio intellettuale nell'oceano grigio di Internet.”
Faulkner non ha fatto mistero per l’influenza che Dostoevskij
ha esercitato sulla sua opere come pure la Bibbia e Shakespeare. A influenzarlo
sono stati soprattutto “I fratelli Karamazov”; confidando al poeta Hart Crane
che nessuna opera dela letteratura americana eguaglia questo romanzo di Dostoevskij.
I l punto di incontro tra Faulkner e Dostoevskij è lo studio della psicologia
di chi si trova a vivere una società in crisi. Una famiglia casuale descritta
da Faulkner simboleggia gli stati d’animo e le condizioni dell’intera nazione
(del Sud americano, per essere più precisi), così come i personaggi di
Dostoevskij, sempre a un bivio di moralità, fede ed emozioni.
Insieme a Faulkener ci sono autori occidentali che
hanno subito per così dire l’influenza di Dostoevskij: Friedrich Nietzsche, Jean-Paul Sartre, Ernest
Hemingway, Orhan Pamuk (1)
Il “copia-incolla” quindi rende questa operazione
immediata anche se a volte con una certa brutalità perché non fa altro che
mutuare, gratuitamente, idee, stili, descrizioni assemblando pezzi di testo di
uno o più autori per arrivare a qualcosa di nuovo e di diverso. E’ un semplice
accostamento di frasi per “creare” un testo che abbia un senso logico e
compiuto e quindi comprensibile dal lettore.
Ecco un esempio di qualche anno fa. Sulla copertina
ci sono le parole di Jonathan Lethem,che non è l’autore. S’intitola
Reality Hungher (2) e di quest’opera Geoff Dyer (3) scrive.”Ho
appena finito di leggere Reality Hungher e mi ha illuminato,
intossicato,estasiato sopraffatto. E’ un vetro attraverso cui guardare il
mondo (come lo mostrano letteratura video e musica) e allo stesso tempo
uno specchio attraverso il quale vederci riflessi, là in mezzo. Un libro
oltraggioso ma anche un’opera che si compone leggendola”.
Apri il libro e trovi una lista numerata: l’arte è
furto, sono contento di passare alla storia come l’uomo del copia incolla e 618
citazioni senza una virgoletta. Da Cicerone all’ultimo autore anche dal
nome impronunciabile le citazioni si legano tra di loro e svolgono il filo
logico e continuo di una storia. Alla fine una sequela di fonti: nomi e cognomi
che è stato costretto ad aggiungere per non finire nei guai con l’invito
per il lettore a prendere le forbici e tagliarle di netto.
Nabokov scriveva e non si stancava di ripeterlo:
l’unica parola che può andare tra virgolette è la realtà. La massima
originalità per lo scrittore è dunque rubare bene? Perché? Perché la grande
letteratura è morta nell’Ottocento? Il passaggio dall’azione alla
riflessione l’ha uccisa?
Del tramonto della realtà appunto è stato
discusso nel Salone del Libro (anno 2010 ndr) ci si è domandato dove è
finito lo scrittore. Che cosa resta della società letteraria? Andrea
Cortellessa critico letterario e Luca Archibugi regista nella loro inchiesta
“Senza scrittori” prolungano il catalogo stilato da Alberto Arbasino nel suo “Paese
senza” di tutte le cose di cui l’Italia è mancante.
“Racconta, come scrive Francesco Erbani
lunedì 28 giugno 2010 su La Repubblica, del predominio che la
macchina editoriale,soprattutto quella dei grandi gruppi, ha assunto nel
mercato della letteratura , dove non ci sono più opere e scrittori , critici o
riviste , ma solo libri , solo produzione industriale , solo una filiera
perfettamente assestata, e nella quale, però quella che un
tempo si chiamava la società letteraria ha pensato bene di
accomodarsi ,spintonando un po’ e anche dando di gomito , ma trovando un
cantuccio dove accomodarsi. “
In quel cantuccio non ci si può permettere
colpi di testa perché le grandi aziende editoriale non sono più guidate da
singole persone come Valentino Bompiani, Livio Garzanti, Giulio Einaudi,
Arnoldo Mondadori ed altri. Sono guidate da staff di funzionari che devono
rispondere alla proprietà e ai manager su una cosa sola: il
bilancio. Più è potente l’editore più domina il mercato però solo
all’interno delle regole di mercato. Guai ad uscirne con i colpi di testa che
sono quelli che una piccola azienda può permettersi rischiando però e
spesso di grosso. Rischiando anche nell’affermare la letterarietà del libro
Ma che cosa rende
letterario un testo? Lo rende letterario quello che afferma l’americano Michael
Cunningham, scrittore premiato con il Pulitzer: “Prendiamo quella che è
probabilmente la frase più famosa della letteratura americana: - Call
me Ishmael - che è la frase di apertura del Moby Dick di Hermann Melville
… Essa ha non solo autorità ma anche musicalità”
Ebbene queste tre
parole che potrebbero equivalere a “Idiota leggi questo” hanno forza e
sicurezza ma anche musicalità. In italiano “Chiamatemi Ismaele” è una frase: per
continuare a tradurre Moby Dick dunque ne dovete tradurre ancora circa un
milione di frasi: Ma l’autorità di questa prima frase dimostra l’autorità
di quello che è uno scrittore Hermann Melville.
Certo ogni
romanzo, se il romanziere è onesto e lo ammette, non è altro che una rozza
approssimazione della storia che si voleva raccontare, probabilmente è il
miglior libro scritto in quel momento, a scriverlo cinque anni dopo
sarebbe completamente diverso.
Continua
Cunningham nella parte iniziale della sua Lectio Magistralis “Il
lettore, lo scrittore , il traduttore” presentata a Firenze
al premio Vallombrosa Gregor Von Rizzori tenutosi dal 16 al 18
giugno 2010 :”In ogni caso noi cerchiamo sempre cattedrali di fuoco , e parte
dell’eccitazione nel leggere un grande libro sta nella promessa di
un nuovo libro che non abbiamo ancora incontrato , un libro che possa toccarci
ancora più profondamente , che possa farci innalzare ancora più in alto.
Una delle consolazioni nello scrivere libri sta nella convinzione
apparentemente invincibile che il prossimo libro sarà migliore, sarà più
grande e coraggioso, e più esaustivo e fedele alle vite che viviamo.
Rimaniamo in uno stato di speranza continua, amiamo la bellezza e la verità che
vengono a trovarci e facciamo del nostro meglio per mettere a tacere dubbi
e delusioni. È questa la nostra particolarità. Questa la nostra gloria.
Siamo alla ricerca di qualcosa, e non veniamo scoraggiati dal sospetto collettivo che
la perfezione che cerchiamo nell’arte abbia la stessa possibilità del
santo Graal di venire trovata. Questa è una delle ragioni per cui
noi, e intendo noi esseri umani, siamo non solo creatori, traduttori e
consumatori di letteratura, ma della letteratura siamo anche i soggetti.”
Dunque contaminazioni, prestiti e restituzioni ma
anche citazioni ed esame del punto critico appunto tra citazione e plagio e tra
ispirazione, influenza e debito, fino agli imitatori e ai falsari in
letteratura ma anche nella storia dell’arte.
Per non tacere per esempio nella storiografia dove non può essere
considerata come una semplice διαδοχή, ossia una successione lineare di autori,
perché è molto difficile valutare il grado di consapevolezza di uno scrittore
nei confronti dei suoi predecessori, siano essi storici o esponenti di altri
generi letterari.
“Smettila di abusare dei miei versi, o
pubblicane alcuni dei tuoi diceva Marco Valerio Marziale. Ho letto un aneddoto,
racconta che un giorno “si presentò a Michelangelo un pittore
che voleva un suo giudizio
su un proprio quadro,
ritenendolo un capolavoro. In realtà
l’opera era stata realizzata scopiazzando vari pittori.
Michelangelo sorrise, e disse: "Dovreste guardare
il vostro quadro
nel giorno del Giudizio:
allora, se ognuno vorrà riprendere
le proprie membra, a voi non rimarrà che la tela “
Ho fatto un esperimento di un copia incolla così per
gioco da alcuni testi di Eugenio Montale ma prima di trascrivere il risultato
voglio parlarvi delle opere che ho usato e prometto nel prossimo post di questa
rubrica vi proporrò un lavoro molto più serio. Ossia, partendo proprio da
quella riflessione che anche qui accenno sulle contaminazioni attraverso i
prestiti e le restituzioni, in maniera nobile, cercherò di raccontare il
debito, che egli stesso riconosce in due note allegate all’edizione de La terra
desolata di Thomas Eliot nei confronti di Ovidio.
Il mio personale esperimento di copia incolla.
Dov’era una volta il tennis, nel
piccolo rettangolo difeso dalla massicciata su cui dominano i pini selvatici,
cresce ora la gramigna e raspano i conigli nelle ore di libera uscita. Qui vennero un giorno a giocare due
sorelle, due bianche farfalle, nelle prime ore del pomeriggio. Verso
levante la vista è ancora libera e le umide rocce del Corone maturano sempre
l’uva forte per lo sciacchetrà. E’ curioso
pensare che ognuno di noi ha un paese come questo e, sia pur diversissimo, che
dovrà restare il suo paesaggio immutabile
Accade che le affinità d’anima
non giungano
Ai gesti e alle parole ma rimangono
Effuse come un magnetismo. E’ raro
Ma accade
Può darsi che sia vera soltanto la lontananza verso l’oblio, era la foglia secca
Più del fresco germoglio.
Tanto ed altro può darsi o dirsi.
Comprendo la tua caparbia volontà di essere sempre assente
Perché solo così si manifestala tua magia.
Innumeri le astuzie che intendo.
Ai gesti e alle parole ma rimangono
Effuse come un magnetismo. E’ raro
Ma accade
Può darsi che sia vera soltanto la lontananza verso l’oblio, era la foglia secca
Più del fresco germoglio.
Tanto ed altro può darsi o dirsi.
Comprendo la tua caparbia volontà di essere sempre assente
Perché solo così si manifestala tua magia.
Innumeri le astuzie che intendo.
Da tempo stiamo provando la rappresentazione
ma il guaio è che non siamo sempre gli stessi.
Molti sono già i morti, altri cambiano sesso,
mutano barbe volti lingua o età.
Da anni prepariamo (da secoli) le parti,
“il signore è servito” e nulla di più.
da millenni attendiamo che qualcuno
ci saluti al proscenio con battimani
o anche con qualche fischio, non importa,
purché ci riconforti un nous sommes là.
Purtroppo non pensiamo in francese e così
restiamo sempre al qui e mai al là.
ma il guaio è che non siamo sempre gli stessi.
Molti sono già i morti, altri cambiano sesso,
mutano barbe volti lingua o età.
Da anni prepariamo (da secoli) le parti,
“il signore è servito” e nulla di più.
da millenni attendiamo che qualcuno
ci saluti al proscenio con battimani
o anche con qualche fischio, non importa,
purché ci riconforti un nous sommes là.
Purtroppo non pensiamo in francese e così
restiamo sempre al qui e mai al là.
Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto.
Le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto
delle partecipazioni
matrimoniali o di lutto.
Le parole non chiedono meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini, che il fondo
dei cestini, ridottevi
in pallottole;
le parole non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi
e disonore;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo una lunga attesa
rinunziano alla speranza di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.
(Le parole, Satura II)
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto.
Le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto
delle partecipazioni
matrimoniali o di lutto.
Le parole non chiedono meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini, che il fondo
dei cestini, ridottevi
in pallottole;
le parole non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi
e disonore;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo una lunga attesa
rinunziano alla speranza di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.
(Le parole, Satura II)
Da Eugenio Montale: Dov'era il tennis, Ex voto, Qui e là, Le Parole (4)
NOTA 1
Molti ritengono le “Memorie dal sottosuolo” di
Dostoevskij una specie di diario della follia e uno dei primi esempi di
esistenzialismo. Quest’opera del romanziere russo ha avuto una grande influenza
su Jean-Paul Sartre e Soren Kierkegard. Friedrich Nietzsche, ha definito
“Memorie dal sottosuolo” un lavoro psicologico magistrale. Nietzsche aveva un
grande interesse per la letteratura russa e leggeva Pushkin, Lermontov e Gogol.
Dostoevskij è per il filosofo tedesco una delle scoperte più felici della sua
vita. “Conosci Dostoesvkij? A parte Stendhal, nessuno è stato una così bella
sorpresa per me e nessuno mi ha fatto tanto piacere. È uno psicologo con cui trovo
un terreno comune. Sembra che avesse letto anche “Umiliati e offesi” con le
lacrime agli occhi, e Delitto e castigo
.L’Idiota” (la sua teoria dell’Anticristo è un opposto del principe
Myshkin) e “Memorie dalla casa dei morti” (non era soddisfatto del pessimismo
russo).
Sartre, dice “L’esistenzialismo è un umanismo”. La
frase sintetizza le opinioni anticlericali di Ivan Karamazov.
Nell’interpretazione di Sartre ciò significa che se Dio non esistesse, allora
gli umani sarebbero responsabili di tutto, senza alcuna possibilità di chiedere
il perdono. Probabilmente è la stessa cosa scritta da “Dostoevskij: ‘Se Dio non
esistesse, allora tutto sarebbe permesso’ che sembra essere per l’esistenzialismo
un punto di partenza”. Dostoevskij mise
in primo piano questa ricerca di significato e cercò di risolvere il mistero
della responsabilità, tra se stessi e Dio, nei personaggi di Raskolnikov in
“Delitto e castigo”, di Stavrogin ne “I Demoni” e di Ivan Karamazov ne “I
fratelli Karamazov”. Tuttavia, la fede è la risposta principale di Dostoevskij
a tutte le domande, cosa che è in contrasto con l’esistenzialismo occidentale.
L’atteggiamento di Hemingway nei confronti di
Dostoevskij si legge in “Festa mobile”. “In Dostoevskij c’erano cose da credere
e cose da non credere, ma alcune così vere da cambiarti mentre le leggevi;
fragilità e follia, cattiveria e santità e l’insania del gioco, ti balzavano
agli occhi come il paesaggio e le strade in Turgenev, e il movimento delle
truppe, il terreno e gli ufficiali e gli uomini combattimenti in Tolstoj”.
Pamuk ammette che Tolstoj sia un romanziere più magistrale, ma personalmente è
stato molto più influenzato dal Dostoevskij politico. In una conferenza a San
Pietroburgo, Pamuk ha affermato che quando ha letto per la prima volta “I
fratelli Karamazov”, ha capito che la sua vita era completamente cambiata.
Pamuk sentiva persino che Dostoevskij gli stesse parlando direttamente,
rivelandogli qualcosa sulle persone e sulla vita che nessun altro conosce.Già a
ventanni, Pamuk aveva letto “I Demoni” rimanendone sconcertato perché n iente di ciò che aveva letto prima gli
aveva fatto una tale impressione. Era scioccato da quanto forte potesse essere
la sua passione per il potere e allo stesso tempo era stupito dalla sua
capacità di perdonare e dal bisogno di avere fede. La brama di tutte le cose
sporche e sante nello stesso momento; questo è ciò che ha fatto riflettere
Pamuk profondamente.
Fonte https://it.rbth.com/cultura/80465-cinque-scrittori-occidentali-influenzati-da-dostoevskij
NOTA 2
Reality Hunger: A Manifesto è un libro di
saggistica dello scrittore americano David Shields , pubblicato da Knopf
il 23 febbraio 2010. Il libro è scritto in stile collage, mescolando le citazioni dell'autore
con quelle di una varietà di altre fonti. Il manifesto del libro è diretto ad aumentare il
coinvolgimento dell'arte con la realtà della vita contemporanea attraverso
l'esplorazione di generi ibridi come la poesia in prosa e il collage
letterario. In Vanity Fair, Elissa
Schappell ha definito Reality Hunger "un richiamo alle armi per
tutti gli artisti per rifiutare le leggi che regolano l'appropriazione,
cancellare i confini tra finzione e saggistica e dare origine a una nuova forma
moderna per un nuovo secolo".
NOTA 3
Geoff Dyer (Cheltenham,
5 giugno 1958) è
uno scrittore britannico.
Ha studiato al Corpus Christi College
di Oxford. Il suo primo libro è un saggio su John Berger, Ways of Telling: The Work
of John Berger (1986),
mentre il suo primo romanzo è Il colore della memoria (1989),
di carattere autobiografico, ambientato negli anni ottanta
a Brixton, a sud di Londra.
Ha raggiunto la notorietà con Natura morta con
custodia di sax. Storie di jazz (But Beautiful) (1991),
con il quale ha vinto il Somerset Maugham Award.
Scrive regolarmente per quotidiani e riviste britanniche, come The Guardian, The Independent, New Statesman ed Esquire. Alcuni dei suoi
articoli dalle più diverse parti del mondo sono stati raccolti nel libro di
storie di viaggio Yoga per gente che proprio non ne vuole sapere (Yoga
For People Who Can't Be Bothered To Do It) (2003).
Nel 2005 ha pubblicato una personalissima storia della
fotografia, L'infinito istante. Saggio sulla fotografia (The Ongoing
Moment) (2005).
Nota 4
EUGENIO MONTALE, DOV' ERA IL TENNIS...
(Poemetto in prosa di Eugenio Montale, Dov’era
il tennis, nella raccolta La Bufera e altro. Il
tema è identico a quello delle Immagini di Roma i: lo
struggimento, la nostalgia nel ripensare al passato, all’infanzia,
a incontri fatti, si concretizza (Montale parlava di correlativo oggettivo) in
un paesaggio, magari minuscolo. Si capisce che li può esserci il senso di
tutto, del proprio destino,)
Dov'era una volta il tennis, nel
piccolo rettangolo difeso dalla massicciata su cui dominano i pini selvatici,
cresce ora la gramigna e raspano i conigli nelle ore di libera uscita.
Qui vennero un giorno a
giocare due sorelle, due bianche farfalle, nelle prime ore del pomeriggio.
Verso levante la vista era (è ancora) libera e le umide rocce del Corone
maturano sempre l'uva forte per lo 'sciacchetrà'. E' curioso pensare che ognuno
di noi ha un un paese come questo, e sia pur diversissimo, che dovrà restare il
suo paesaggio, immutabile; è curioso che l'ordine fisico sia così lento a
filtrare in noi e poi così impossibile a scancellarsi. Ma quanto al resto? a
conti fatti, chiedersi il come e perché della partita interrotta è come chiederselo
della nubecola di valore che esce dal cargo arrembato, laggiù sulla linea della
Palmaria. Fra poco s'accenderanno nel golfo le prime lampare.
Intorno, a distesa d'occhio,
l'iniquità degli oggetti persiste intangibile. La grotta incrostata di
conchiglie dev'essere rimasta la stessa nel giardino delle piante grasse, sotto
il tennis; ma il parente maniaco non verrà più a fotografare al lampo di
magnesio il fiore unico, irripetibile, sorto su un cacto spinoso e destinato a
una vita di poche istanti. Anche le ville dei sudamericani sembrano chiuse: Non
sempre ci furono eredi pronti a dilapidare la lussuosa paccottiglia messa
insieme a suon di pesos o di milreis. O forse la sarabanda dei nuovi giunti
segna il passo in altro contrade: qui siamo perfettamente defilati, fuori tiro.
Si direbbe che la vita non possa accedervi che a lampi e si pasca solo di
quanto s' accumula inerte e va in cancrena in queste zone abbandonate.
Del salòn en el àngulo oscuro - silenciosa
y cubierta de polvo - veìase el arpa...'Eh sì, il museo sarebbe
impressionante se si potesse scoperchiare l'ex paradiso del Liberty. Sul
conchiglione-terrazzo sostenuto da un Nettuno gigante, ora scrostato, nessuno
apparve più dopo la sconfitta elettorale del Leone del Callao; ma là, sull'
esorbitante bovindo affrescato di peri meli e serpenti da paradiso terrestre,
pensò invano la signora Paquita buonanima di produrre la sua serena
vecchiaia confortata di truffatissimi agi e del sorriso della posterità.
Vennero un giorno i mariti delle figlie, i generi brazileiri e gettata la
maschera fecero man bassa di quel ben di Dio. Della duena e degli
altri non si seppe più nulla. Uno dei discendenti rispuntò poi fuori in
una delle ultime guerre e fece miracoli. Ma allora si era giunti sì e no
ai tempi dell'inno tripolino. Questi oggetti, queste case, erano ancora nel
circolo vitale, fin ch 'esso durò. Pochi sentirono dapprima che il freddo stava
per giungere; e tra questi forse mio padre che anche nel più caldo giorno d'
agosto, finita la cena all'aperto, piena di falene e d' altri insetti, dopo
essersi buttato sulle spalle uno scialle di lana, ripetendo sempre in francese,
chissà perchè, " il fait bien froid, bien froid", si ritirava
subito in camera per finir di fumarsi a letto il suo Cavour da sette
centesimi.
EUGENIO MONTALE, Ex voto (Satura,
Milano, Mondadori 1971)
Accade
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.
LE PAROLE da Satura,
Satura II
Le
parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
le
parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
le
parole
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
le
parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi e
disonore;
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi e
disonore;
le
parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
le
parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le
parole
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.
Qui e Là da
“Poesie” ed. Mondadori 2004
Da tempo stiamo provando la rappresentazione,
ma il guaio è che non siamo sempre gli stessi.
Molti sono già morti, altri cambiano sesso,
mutano barbe volti lingua o età.
Da anni prepariamo (da secoli) le parti,
la tirata di fondo o solamente
«il signore è servito» e nulla più.
Da millenni attendiamo che qualcuno
ci saluti dal proscenio con battimani
o anche con qualche fischio, non importa,
purché ci riconforti un «nous sommes là».
Purtroppo non pensiamo in francese e così
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