Eliot e Ovidio. Tre note
a "La terra desolata"
di Valter Marcone
Questo blog nella rubrica
“Visioni” ha ospitato una riflessione su
“La terra desolata”di Thomas Eliot. In
una nota a quel poemetto lo stesso Eliot
esprime il suo debito nei confronti di Ovidio . Voglio così parlare di questo rapporto tra Eliot e
Ovidio per completare in parte l’esame dei temi contenuti
nella composizione che è ricca di
rimandi ad opere letterarie, avvenimenti
storici ,fatti politici, storia delle religioni; ricchezza che è
da ascrivere alla estesa e
profonda cultura del suo autore . Molti commentatori di Ovidio
hanno messo in evidenza l’influenza che il poeta Ovidio nato a Sulmona il 43 a.C. e morto in esilio a Tomi l’odierna
Costanza in Romania nel 17 d.C. ha
avuto nei secoli su autori italiani come Dante ,Petrarca e
Boccaccio , sui francesi a partire dai trovatori e dalla poesia didascalica
dei Roma de la Rose e inglesi
tra cui Shakespeare , Donne Milton.
Il poemetto di EliotLa
terra desolata fu pubblicato su una
rivista nel 1922 e venne poco dopo ristampato in volume.
Nella edizione in volume
Eliot aggiunse delle note molto
illuminanti circa i suoi rapporti,
ovvero sull’influenza che Ovidio ,ha avuto
su alcune parti e personaggi del poemetto. Le note sono tre che
commentano i versi 99 e seguenti
di “Una partita a scacchi ( seconda parte de La terra desolata ); nella nota al
verso 248 di “Ciò che disse il tuono “ ( ultima parte de La Terra desolata ). E
quella più importante ai versi 218 e
seguenti de “ Il sermone del fuoco “ che
è la più lunga di tutte le scarne note del poemetto
ed ha un forte valore antropologico .
La prima nota. Quella a
commento dei versi 99 e seguenti di “
Una partita a scacchi”rinvia
semplicemente a Ovidio,
Metamorfosi VI . Filemone e Bauci “
In realtà però il
riferimento è alla storia di Filomela e
Tereo al VII di Metamorfosi che è
diversa da quella di Filomela e
Bauci (1)
Procne (figlia del re di
Atene Pandione) andò in sposa a Tereo, re di Tracia. Dopo non molto tempo,
però, Tereo è invaso da passione per la sorella di sua moglie, Filomela; dopo
averla stuprata con la forza, per timore che la giovane possa rivelare ogni
cosa, le mozza la lingua e la rinchiude, annunciando a tutti che fosse morta.
Ma Filomela tesse su di una tela tutto ciò che è accaduto e riesce a farla
pervenire a Procne, così che sappia che è ancora viva, mutilata e costretta ad
essere concubina di Tereo. Le due sorelle, riunitesi, escogitano una terribile
vendetta. Ebbene, Procne aveva avuto da Tereo un figlio, Iti, amato dal padre
più di ogn’altra cosa, al punto che per punire il marito, la donna non esitò a
compiere quella che è l’azione più esecranda per una madre: fece a pezzi il
bambino e lo imbandì a banchetto per Tereo. Solo alla fine del pasto il re
chiese dove fosse il figlio ed ebbe per risposta «Colui che cerchi l’hai
dentro» (stando alla versione del poeta latino Ovidio), dopodiché la sciagurata
mostrò al marito ciò che restava di Iti, ossia il suo capo mozzato. Proprio
quando Tereo stava per scagliarsi sulla moglie e la cognata per ucciderle, gli
dèi, mossi a pietà, trasformarono le due sorelle in uccelli: raccontano
Pausania e Apollodoro che Procne fu mutata in un usignolo (il cui canto sembra
suonare Ἵτυ, Ἴτυ!, ossia in greco
“Iti, Iti!”, lamentando in eterno la morte che ha procurato al bambino), Filomela
in una rondine (uccello che non ha lingua); infine, anche Tereo subì
l’ornitificazione in upupa (uccello dal becco smisurato come la punta di una
lancia, il cui verso sembra risuonare come un ποῦ,
ποῦ?, cioè in greco “dove, dove?”, mentre cerca disperatamente
il figlio (2)
Above
the antique mantel was displayed
As
though a window gave upon the sylvan scene
The
change of Philomel, by the barbarous king
So
rudely forced; yet there the nightingale
Filled
all the desert with inviolable voice
And
still she cried, and still the world pursues,
'Jug
Jug' to dirty ears. (
The
Waste Land
,
“A Game of Chess”, vv. 97-103)
Una Filomela violata e al contempo un usignolo
dalla voce “inviolabile”. La sua è una delle molte voci che attraversano la
Waste Land; essa è limpida ma grida quella violenza che è così profondamente
inscritta nella sua storia. Molteplici sono anche i significati racchiusi in
questi versi: innanzitutto, richiamano tanto gli eventi essenziali del mito (la
violenza, la metamorfosi), quanto il topos del canto melodioso
dell’usignolo, consueto
già nella poesia dell’Antichità. Eliot segnala, però, anche lo
scarto tra l’una e l’altra
figura, attraverso la punteggiatura e la sintassi (“yet”):
l’usignolo canta
nonostante la violenza inflitta alla sua forma umana. Eliot, perciò, non fa
della voce dell’usignolo un canto gioioso, simbolo di primavera, né lo equipara
a un lamento poetico così come avviene prevalentemente nella tradizione
rinascimentale. Il poeta americano, invece, attribuisce all’usignolo un grido
di dolore e forse anche di accusa per il crimine subito, se assegniamo al “Jug Jug”
non solo una valenza onomatopeica ma anche un’eco del “Iugulator” (uccisore,
massacratore) dell’usignolo del Complaynt of Phylomene di George Gascoigne, che
potrebbe aver fornito lo spunto per la Filomela eliotiana (3)
La seconda nota . Eliot
sembra tenere bene a mente il tema ricorrente della violenza sessuale in Ovidio che viene narrata attraverso opposizioni stupro/silenzio, seguite da vendetta gridata
al mondo e catartica sublimazione nei
canti . Per questo nella seconda nota l’accenno a Ovidio è ancora più ridotto.
Si tratta della nota a commento del verso 428 di “ Ciò
che disse il tuono “ : In questo verso dopo aver ripreso il vocativo “O
swallow swallow “ la rondine rinvia alla
seconda e terza parte del poema .
La terza nota è quella
dunque più importante ed è dedicata ai
versi 218 e seguenti de “Il sermone del fuoco “. Ha anch’essa unn
tema sessuale e si riferisce alla figura dell’indovino Tiresia . Molte sono le
valenze che la mitologia annette a questo personaggio. Eccone la storia in breve
Indovino tebano al quale
vengono attribuite le più strane avventure.
Un giorno mentre era sul
monte Citerone gli capitò di vedere due serpi avvinghiate e uccidendo la
femmina fu nello stesso momento mutato in donna e divenne una prostituta
rinomata.
Sette anni dopo nello
stesso luogo, gli capitò di uccidere il maschio di serpe e divenne nuovamente
uomo.
Dato che lui era stato sia
uomo che donna, Era e Zeus lo chiamarono al loro cospetto perché volevano
sapere nell'amplesso amoroso chi godesse di più; Tiresia sentenziò che fatte le
parti del piacere amoroso pari a dieci, la donna ne riporta tre volte tre e
l'uomo una sola.
A questa sentenza Era si
arrabbiò e tolse la vista a Tiresia, allora Zeus per compensarlo gli diede il
dono della profezia e la capacità di capire il linguaggio degli uccelli.
Anche dopo morto ottenne
da Ade di conservare i suoi poteri e di potersene servire, infatti quando
Ulisse scese nel Tartaro, l'ombra di Tiresia lo mise a conoscenza che Poseidone
gli era ostile e che sarebbe riuscito ugualmente a giungere ad Itaca.
Predisse la fine di Penteo
e lo ammonì di non opporsi al culto di Dioniso.
Un'altra versione del mito
narra che Tiresia era un giovane pastore che ebbe la sfortuna di sorprendere la
dea Atena nuda mentre si lavava a una sorgente, assieme alla sua stessa madre
Cariclo.
Allora Atena gli sfiorò il
viso con una mano e lo rese cieco perché aveva visto cose che non doveva
vedere. Non proprio inutili furono le suppliche di Cariclo, poiché la dea in
cambio della cecità concesse a Tiresia l’arte della profezia e gli donò un
bastone di corniolo appoggiandosi al quale Tiresia poteva camminare come quelli
che possedevano la vista. (4)
Una figura
affascinante e tanto per ricordare solo
uno dei moderni che ne hanno parlato
ricordiamo che Andrea Camilleri in un suggestivo monologo ,sceglie Tiresia e quel che di questo
personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo
elegge a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti -
per investigare un pensiero da cui estrarre tracce, o prove, della sua vita
precedente. Le infinite manipolazioni subite da questa straordinaria figura
attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui
riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione
letteraria.
L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?) punito perché rivelava i segreti degli dei, è il protagonista di una conversazione solitaria nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parla di sé e del suo viaggio nella vita e nella Storia.
L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?) punito perché rivelava i segreti degli dei, è il protagonista di una conversazione solitaria nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parla di sé e del suo viaggio nella vita e nella Storia.
Ecco i versi di Ovidio su
Tiresia :
...Cum
Iunone iocos et "Maior vestra profecto est / Quam, quae contingit
maribus", dixisse, "voluptas"; / Illa negat; placuit quae sit
sententia docti / Quaerere Tiresiae: Venus huic erat utraque nota. / Nam duo
magnorum viridi coeuntia silva / Corpora serpentum baculi violaverat ictu. /
Deque viro factus, mirabile, femina septem / Egerat autumnos; octavo rursus
eosdem / Vidit et "est vestrae si tanta potentia plagae», / Dixit, «ut
auctoris sortem in contraria mutet, / Nunc quoque vos feriam!"; percussis
anguibus isdem, / Forma prior rediit genetivaque venit imago. / Arbiter hic
igitur sumptus de lite iocosa / Dicta Iovis firmat; gravius Saturnia iusto /
Nec pro materia fertur doluisse suique / Iudicis aeterna damnavit lumina nocte.
/ At pater omnipotens (neque enim licet inrita cuiquam / Facta dei fecisse deo)
pro lumine adempto / Scire futura dedit poenamque levavit honore».
...Scherzando
– Giove – con Giunone, "certo è più forte", disse, "il vostro /
piacere sessuale di quello che ai maschi è dato di provare"; / lei dice di
no; si stabilisce allora di domandare chi abbia ragione al dotto / Tiresia. A
lui erano noti entrambi i tipi di piacere: / un tempo aveva infatti separato
con un colpo di bastone / i corpi di due grandi serpenti che si accoppiavano
nel folto della foresta / e da maschio che era – cosa stupefacente – s’era
trasformato in femmina, tale rimanendo per sette anni; / all’ottavo,
rimbattutosi negli stessi serpenti, «se avete potere», / aveva esclamato, «di
mutare in senso opposto la sorte riservata a chi vi percuota / ecco, lo
rifarò!» e, colpitili / era stato restituito alla sua prima forma e al suo
sesso originario. / Nominato dunque arbitro della controversia scherzosa, diede
ragione a Giove; cosa di cui Giunone, dicono, si adontò e dispiacque oltre
misura, fino al punto di condannarlo a una perenne cecità. / Ma il padre
onnipotente degli dèi (a cui pur non è dato, in ogni caso, di vanificare
l’operato di un’altra divinità) per compensare Tiresia della vista sottratta
/gli diede il dono di conoscere il futuro, alleviandogli con tale grazia il
castigo)».
Perche
Tiresia ,come scrive Giorgio Mascitelli
:” è in realtà una figura arcaica,
l’indovino al tempo stesso uomo e donna, cieco e condannato a vedere e capire
l’orrore del mondo, che viene evocato fin dall’esergo del poema (“ devi
tenerti in vita, Tiresia/ è il tuo discapito”), ma nella mia ipotesi di
lettura il Tiresia di Mesa è più in stretto rapporto con quello di The Waste
Land che con la tradizione greca: in Euripide, in fondo, Tiresia
rappresenta la consapevolezza della persistenza delle forze ctonie del mito a
fronte del delirio, solo apparentemente raziocinante, della ragione strumentale
del potere. In Eliot, invece “benché semplice spettatore e ‘carattere’, è,
tuttavia, il personaggio più importante del poema” perché la “sostanza del
poema è, insomma, quel che vede Tiresia” ( nota d’autore al v.218 di T.S. Eliot
La terra desolata, trad.it, Einaudi, 1983). In altre parole il Tiresia
moderno di Eliot è il testimone che dà senso alla visione desolata ossia il
poeta ormai deracinè dai processi produttivi capitalistici.”(5)
Scrive Giovanni
D’Alessandro in Il gran salto nella modernità : “La
figura di Tiresia viene a Eliot anch’essa dalle Metamorfosi ovidiane ed
è lo stesso poeta a parlarne: «Tiresia, benché sia semplicemente uno spettatore
e non un "protagonista", è il personaggio più importante del poema,
poiché funge da raccordo per tutti gli altri. Esattamente come il Mercante con
un Occhio Solo, Venditore d’Uva Passa, si fonde col Marinaio Fenicio, e
quest’ultimo non è completamente distinto da Ferdinando, principe di Napoli» –
Eliot parla qui delle altre figure simboliche de La terra desolata –,
«così tutte le donne sono una sola donna e i due sessi s’incontrano in Tiresia.
Ciò che Tiresia vede, infatti, è la sostanza del poema.”(…) Gli studiosi sanno anche che la figura
dell’indovino era stata tra l’altro oggetto, nel carteggio tra T.S. Eliot ed
Ezra Pound, di un vibratissimo intervento operato da quest’ultimo (sulla
versione originaria de La terra desolata, il cosiddetto Facsimile),
col quale s’imponeva a Eliot di cancellare ogni altra figura profetica che non
fosse quella ovidiana, perché quest’ultima risaltasse in assoluto. Tiresia è
dunque una figura totalizzante, nodale, carica di simboli e di anfibologie
sessuali/spirituali in cui si cela, verosimilmente, la più profonda chiave di
decriptazione del poema eliottiano.”
E
continua D’Alessandro : “Ma perché Eliot scelse Tiresia per farne, secondo la
sua stessa ammissione, la figura nodale de La terra desolata? Cosa lo
sedusse in quel personaggio e perché? Quali tratti, descritti dal poeta delle Metamorfosi,
deflagrarono in lui come veicolatori di un formidabile simbolismo? Fu Ovidio un
prefreudiano? O lo considerò tale Eliot, interpretando i suoi personaggi
(Filomela, Tereo, Tiresia soprattutto) in chiave psicanalitica, parallelamente
all’operazione che Freud compiva, in quegli anni, sui miti greci?
Sono
tutte domande che non ammettono una risposta univoca, ma una pluralità di
risposte singole, ciascuna delle quali apportatrice di un contributo minimo,
magari, ma attendibile.” (6)
Sicuramente
queste domande hanno bisogno ancora di approfondimenti e studi de La terra
desolata di Eliot. Resta in questo momento un punto fermo : la grande
modernità di Eliot e il valore
propositivo del suo poemetto che invita al cambiamento in quanto il futuro è già presente .
(1)
Vecchia e povera coppia, Filemone e Bauci, abitavano in
un piccolo villaggio della Frigia. I due sposi ospitarono cortesemente Zeus ed
Ermes che viaggiavano in incognito per quelle zone e sino a quel momento non
avevano trovato altro che corruzione ed inospitalità. ...A mille case
bussarono, in cerca di un luogo per riposare; mille case sprangarono la porta.
Una sola infine li accolse: piccola, piccola, con un tetto di paglia e di canne
palustri, ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano Bauci, una pia
vecchietta, e Filemone, della stessa età, che in quella capanna erano
invecchiati, alleviando la povertà con l'animo sereno di chi non si vergogna di
sopportarla... I due vecchietti si adoprarono di preparare per i loro ospiti
quanto possedevano privandosi anche della loro unica oca e del pochissimo vino
che possedevano. E qui i due vecchi si accorgono che il boccale, a cui si è
attinto tante volte, si riempie da solo, che il vino da solo ricresce; turbati
dal prodigio, Bauci e il timido Filemone son presi dal terrore e con le mani
alzate al cielo si mettono a pregare, chiedendo venia per la povertà del cibo e
della mensa. C'era un'unica oca a guardia di quella minuscola cascina, e loro
erano pronti ad immolarla per quegli ospiti divini. Dopo aver consumato, nella
capanna dei due vecchi che si amavano teneramente, un pasto molto povero, i due
visitatori si fecero riconoscere e condussero con loro i due vecchi su una
montagna, dicendo loro di guardarsi intorno. Filemone e Bauci videro allora
tutto il paese sommerso dal diluvio, che aveva risparmiato la loro capanna,
mutata in un bel tempio. Gustata la meraviglia dei vecchi, Zeus chiese loro di
formulare un desiderio che sarebbe stato appagato subito.
..."Chiediamo d'essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante, ch'io mai non veda
la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi".
Il desiderio fu esaudito: finché ebbero vita, custodirono il tempio. Ma un
giorno mentre, sfiniti dallo scorrere degli anni, stavano davanti alla sacra
gradinata, narrando la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi di fronde
e il vecchio Filemone coprirsene Bauci. E ancora, quando la cima raggiunse il
loro volto, fra loro, finché poterono, continuarono a parlare: "Addio,
amore mio" , dissero insieme e insieme la corteccia come un velo
suggellò la loro bocca. Ovidio Metamorfosi
VIII. Bauci si mutò in un tiglio, e Filemone in
una quercia. (http://www.miti3000.it/mito/mito/greca_f.htm)..."Chiediamo d'essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante, ch'io mai non veda
la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi".
(2) Rondine e Usignolo: due donne nelle tenebre di un mito di Alba Subrizio in https://www.ilmattinodifoggia.it/blog/21501/Da-dove-nascono-la-rondine-e.html
(3)
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA Dottorato di ricerca in Filologia greca e
latina Ciclo XXV IL MITO OVIDIANO DI FILOMELA: RISCRITTURE INGLESI DAL MEDIOEVO
ALLA CONTEMPORANEITAUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA Coordinatore: Chiar.mo
Prof. Giuseppe Gilberto Biondi Tutor: Chiar.ma Prof. Laura Bandiera Dottoranda:
Samanta Trivellini http://dspace-unipr.cineca.it/bitstream/1889/2207/1/Il%20mito%20ovidiano%20di%20Filomela.pdf
(5) https://www.nazioneindiana.com/2015/11/27/il-posto-di-tiresia-leggendo-il-tiresia-di-giuliano-mesa/
(6) Giovanni
D’Alessandro Il gran salto della
modernità http://www.stpauls.it/letture00/0003let/0003le19.htm