mercoledì 15 aprile 2020

VISIONI: La terra desolata di Thomas Eliot



Per Eliot la sua “Terra desolata” è una terra il cui scenario può ripetersi in ogni luogo e in ogni tempo per ciascun uomo, per ciascuno di noi che leggiamo oggi i suoi versi e per quelli che li leggeranno in futuro. 

“Aprile è il più crudele dei mesi, genera
lillà da terra morta, confondendo
memoria e desiderio,risvegliando
le radici sopite  con la pioggia della primavera”




Quattro versi. I primi quattro versi de La terra desolata (The Waste Land) di Thomas Eliot che valgono l’intero poema. Un poema pubblicato nel 1922, quattrocentotrentatre versi in tutto. Poche parole nella loro totalità di un immenso vocabolario che evocano la transizione, la dissoluzione e la rinascita che è quello che la primavera fa portandosi dietro un poco di inverno e tendendo lo sguardo alla successiva estate. Ciclicamente, un anno dopo l’altro, una stagione dopo l’altra. Così il mondo attraverso la primavera ritrova il senso e il valore del cambiamento. Il mondo diventa un’altra cosa alla fine dell’autunno e quindi dell’inverno con il loro desolato destino di morte, di silenzio, di freddo e gelo. Con la primavera sembra che tutto scompaia.

“L’inverno ci mantenne al caldo, ottuse
con immemore neve la terra, nutrì
con secchi tuberi una vita misera
l’estate ci sorprese…”

La primavera dona una nuova memoria a quello che nacque da una immemore neve e confonde poi il desiderio che l’estate accoglie, raccoglie e convoglia verso una nuova morte. E di morte in morte il mondo cambia, il tempo cambia su una terra che si fa “desolata”. Ma il viaggio pur lungo, difficoltoso, pieno di ostacoli e peripezie, è un viaggio in cerca di salvezza. E quale salvezza più dell’acqua.  Si parte dalla triste profezia di Tiresia sulla terra impura per finire con una pioggia salvifica appunto vicino al fiume Gange. L’acqua dunque salvezza eterna. Da quella del fonte battesimale che salva dal peccato originale all’acqua del diluvio che culla l’arca di Noè. L’acqua che salva l’uomo e gli animali affrancandoli dalla punizione, l’acqua che ricrea un nuovo Eden dopo ilo suo ritiro. L’acqua e il suo noti nel tempo e nello spazio.

“La terra desolata” viene introdotta da una dedica ad Ezra Pound ed è divisa in cinque parti: la sepoltura dei morti, Una partita a scacchi, Il sermone del fuoco, Morte per acqua, Ciò che disse il tuono. Affollano questi versi voci che parlano individualmente e usano molte lingue (latino, greco, tedesco, francese, sanscrito), fanno riferimenti letterari con allusioni e citazioni a Dante, Shakespeare, Ovidio, Omero, Baudelaire. Sono il ricorso ad una “cultura alta” che però viene accostata ad una “cultura bassa” con il ricorso ad altri linguaggi comprese le filastrocche per bambini. Tutto un magma che si muove, ondeggia, si ritira, sbanda, va dritto al suo obiettivo. Ma allo stesso tempo una profonda immersione archeologica in una stratigrafia letteraria dalla quale emergono reperti sedimentati ormai in pace con il mondo ma anche fuochi, geyser di interessi e di rilancio proprio di quelle sedimentazioni che non hanno ancora finito di svolgere la loro azione sul passato, il presente e il futuro legati assieme non da una linearità ma da una circolarità. Una incursione in mondi diversi antichi e moderni, reali e fantastici, vecchi e nuovi. Lo stesso Eliot disse di aver tratto ispirazione da due opere pubblicate quando componeva “La terra desolata”, “From ritual to romance “di Jesse Weston e “The Golden Bough” di James Frazer (Il ramo d’oro, pubblicato nel 1895, ampliato fino alla stesura definitiva del 1915). Terra desolata che viene pubblicata contemporaneamente all’Ulisse di Joyce.
Ora in particolare l’Ulisse doveva essere una delle novelle pubblicate in Gente di Dublino, doveva presentare un’altra storia di frustrazione della Dublino del suo tempo. Voleva presentare la vita di un piccolo borghese additato dalla morale cattolica irlandese come “contento e cornuto”. Lo chiamerà Ulisse come l’epopea di due razze (Israele –Irlanda). Userà dal 1917, quando inizia a scrivere questo capolavoro, una mappa di Dublino per cercare tutti i particolari storici per cui questo racconto sarà un capitolo della storia dell’Irlanda ma anche un capitolo della storia del mondo oltre ad essere una storia segreta dell’animo umano.
La prima sezione di “The Waste Land” ha per titolo: “The burial of the dead”, la sepoltura dei morti e fa esplicito riferimento all’officio funebre della religione cristiana ed è preso proprio da un verso dell’ufficio dei defunti della sepoltura nel rito anglicano. Ma non è l’unica allusione o riferimento religioso.  Eliot pensa in questi versi alla “sepoltura dell’immagine di Dio” ma non come alla “morte di Dio” che una certa filosofia successiva al suo tempo ha teorizzato, bensì ad un “rito di rinascita “contenuto nei riti vegetali e infine allude anche metaforicamente alla sepoltura dell’uomo per le condizioni in cui l’uomo è costretto a vivere in quel tempo.
In sostanza questo inizio rende universalmente il senso di quello che è per Eliot appunto la sua terra desolata. Una terra il cui scenario può ripetersi in ogni luogo e in ogni tempo per ciascun uomo, per ciascuno di noi che leggiamo oggi i suoi versi e per quelli che li leggeranno in futuro. Le evoluzioni potranno essere diverse, come pure le soluzioni. Resta il fatto che questa “terra desolata” è “una antologia dei punti culminanti di un dramma”.  Un’opera della letteratura del Novecento che ha influenzato le generazioni successive di poeti e nel suo valore emblematico ha interpretato un’apocalisse, una fine del mondo.

“April is the cruellest month”, aprile che è il più crudele dei mesi dà voce a quattro personaggi narranti ed è un vero e proprio monologo drammatico che cambia voce di tratto in tratto. Quattro voci che sembrano affollarsi e che danno la sensazione di una moltitudine. È la folla anonima, il caos della società contemporanea del tempo di Eliot.  Un caos ben rappresentato proprio da una specie di Babele delle lingue che è allegoria dell’Europa a lui contemporanea. Le altre quattro parti di The Waste Land non sono altro che la specificazione, l’approfondimento di questa idea di terra. Esse declinano ognuna per proprio conto un aspetto di questa desolazione.

“A game of chess” (Una partita a scacchi) è il titolo della seconda sezione e viene dal titolo di un’opera di Thomas Middleton Woman Beware Women (1657). Raffronta l’antico splendore con il presente squallore. Ogni mossa nel gioco degli scacchi è una mossa di seduzione nei confronti di una donna. Qui Eliot parla della mancanza di valori che porta all’incomunicabilità. La prima scena parla di una coppia famosa Antonio e Cleopatra, poi Didone ed Enea per arrivare fino allo stupro di Filomela raccontato dalle Metamorfosi di Ovidio. La donna dopo essere stata stuprata viene trasformata in un usignolo che canta la malvagità degli uomini. La seconda parte di questa sezione si apre in un pub di Londra in cui compaiono due donne che parlano tra loro. I versi raccontano la storia di Lili e Albert. La donna ha un aspetto trasandato per le gravidanze e l’uomo è un reduce dal fronte. Nessun valore morale sembra dare loro dignità. Il brano termina con l’addio di Ofelia prima di suicidarsi, donna simbolo dell’amore deluso.

Nella terza parte The fire sermon, il sermone del fuoco Eliot introduce la visione di Tiresia. Lo fa con questo breve quadro di vita quotidiana: racconta l’incontro tra una dattilografa e un impiegato nell’appartamento della ragazza in una grande città moderna (forse Londra) dove i rapporti umani sono rarefatti, ridotti all’inedia, non autentici, alienati. Così la relazione dei due giovani si specchia in questo brodo subliminale filtrato dallo sguardo dell’antico Tiresia. Di questa figura vorrei parlare di seguito.

In “morte per acqua” la quarta parte (o canto) è la più breve. In questa parte Eliot inserisce versi, come fa in altre situazioni, i cui argomenti si discostano completamente dall’architettura del poema sia dal punto di vista appunto dei contenuti che da quello formale.  Eliot ricorda qui la storia di un marinaio fenicio Phebas morto nella battaglia navale di Milazzo combattuta nel 260 a.C. tra romani e cartaginesi. Phebas era tra le forze dei romani. Inabissatosi, trasforma il suo sacrificio in un dono: diventa ora il simbolo dell’antico dio della vegetazione (Adone, Attis o Osiride) seppellito (ma in questo caso affogato) per poter permettere alla natura di rinascere.

“Ciò che disse il tuono è l’ultima sezione che mescola molti riferimenti culturali.  Si apre con la visione di un deserto, quello in cui vive metaforicamente l’umanità, (contemporanea ad Eliot) in attesa di una pioggia che non arriva.  Un deserto le cui condizioni sono cause di morte. L’umanità sta dunque morendo e anche la speranza di un redentore come Cristo è lontana. I riferimenti vanno da Dante al Vangelo di Luca, al mito celtico e ai temi di un trattato indiano.

“Dopo la luce rossa delle torce su volto sudato
dopo il gelido silenzio dei giardini
dopo l’agonia in luoghi di pietra
il clamore e il pianto
la prigione, il palazzo e l’echeggiato schianto
del tuono primaverile su monti lontani
colui che era vivo adesso è morto
noi che eravamo vivi stiamo morendo…”

Questa parte, l’ultima, chiude il cerchio perché continua con la descrizione della desolazione della terra e dell’uomo fino ad una speranza, quella del canto del gallo che annuncia il mattino. Ci sarà secondo Eliot un nuovo giorno. Il tuono annuncerà l’emergere di una civiltà con i suoi valori: l’altruismo, la compassione, l’autocontrollo per rifondare il mondo.

The Waste Land, la terra desolata, venne pubblicata, come detto, nel 1922 in volume a New York. Tra il 1921 e 1922 venne pubblicata, nell’ottobre del 1921 sulla rivista The Criterion e successivamente sempre su un’altra rivista.
I 433 versi di questo poemetto appaiono su riviste e in volume quando Eliot ha 34 anni. Vive in quel momento in Europa. Dopo un primo soggiorno da studente per preparare la tesi, vi ritorna dopo quattro anni e nel 1914 dunque continua a studiare alla Sorbona, frequenta le lezioni di Bergson, stringe amicizia con Alain Fournier che gli fa conoscere Gide, Claudel, Reviere, lo introduce alla prosa di  Julien Benda, Claude Maurras e Flaubert. Si reca anche in Germania a Marburg per approfondire la filosofia di Husserl (si era laureato nel suo paese di nascita, gli Stati Uniti d’America, con una tesi sulla filosofia di Bradley). A Londra conosce Ezra Pound che eserciterà una influenza determinante sul primo Eliot. A questa amicizia, come abbiamo accennato, si deve il lavoro comune che Eliot e Pound fecero: il primo componendo i versi de La terra desolata, il secondo tagliandoli inesorabilmente, mischiandoli e qualche volta stravolgendoli con la potenza della sua visione poetica e con l’esperienza. Forse grazie a Pound che la Terra desolata è diventata il punto di riferimento di molte esperienze letterarie perché influenzando il suo amico è riuscito ad aprirne l’animo e a farne scaturire quello che questo poemetto è. È tramite Pound che Eliot scopre la poesia provenzale, il dolce stil novo e rilegge Dante con un altro sguardo. Eliot si dedicherà all’insegnamento. Lascerà per otto anni la scuola e lavorerà come impiegato della Llyods Bank . Sono questi gli anni in cui si fa intenso il suo cammino verso la conversione e lo studio di autori come Maritain.

Si dedica poi alla scrittura per il teatro, scrive saggi sulla cultura e la civiltà occidentale, nel 1948 riceve il Premio Nobel per la letteratura. Muore a Londra il 4 gennaio 1965.
Eliot tornerà alla poesia con i Quattro quartetti che lo impegnano dal 1936 al 1942 dopo un lungo cammino spirituale di conversione.

Nei Quattro quartetti,venti anni dopo la Terra desolata  si fa però più esplicito il tentativo  di un bilancio della propria epoca. La fine della Grande guerra, la dissoluzione dell’impero austro-ungarico, i milioni di morti a causa della guerra e per la successiva pandemia della cosiddetta spagnola, danno nella terra desolata un significato residuale alla vita come pure a tutto quello che aveva contato prima di questi avvenimenti in termini di cultura, economia, politica, istituzioni. Ora nei Quattro quartetti tutto si svolge nei termini di una espiazione alla luce della speranza cristiana. Ma allo stesso tempo si avvia a compimento quel bilancio che il poeta fa attraverso un continuo coinvolgimento, nei suoi versi dei principi della società, dell’arte, della cultura, delle relazioni e delle loro trasmissioni temporali e interazioni.

Tra la stesura de La Terra desolata e dei Quattro quartetti la sua attività di drammaturgo produce altrettanti capolavori, Prende l’avvio con “L’assassinio nella cattedrale” per proseguire con “Riunione di famiglia (The family reunion, 1939), “Cocktail party”, 1948 “L’impiegato di fiducia” (The Confidential Clerk , 1955),” Lo statista a riposo “ (The elder Statesmann 1959). Il teatro rappresenta per Eliot, come egli stesso dice ne “L’uso della poesia e della critica” (The Use of  Poetry and  the Use of Criticism) del 1933: “il medium ideale  e la più diretta espressione  della utilità della poesia.”

Poesia sempre più tesa all’umiliazione dell’Io e alla ricerca di una illuminazione: “Ogni poesia è un epitaffio, ogni atto un passo verso la morte”. Una poesia che offre una visione pessimistica della realtà attraverso la narrazione di una terra in condizioni drammatiche per la caduta di ogni valore, senza alternative. La poesia non può fare altro che annotare lo stato dell’umanità. Con una specie di inedia, di impotenza com’è quella, per esempio, della poesia di Montale nei confronti della realtà. Nei versi de La Terra desolata nasce sul piano formale della poesia l’incontro tra “emozione e riflessione” che equivale al cosiddetto “correlativo”, oggetto che appunto Montale tanto apprezzò. Trasformando ogni emozione in immagini poetiche valide per tutti. Nei versi de La terra desolata si sente l’esperienza simbolista, (antirealistica, con riferimento ad un modello astratto di compostezza classica e l'imitazione di modelli antichi.  Baudelaire ne fece esperienza influenzando l'opera di Paul Verlaine, Julien Leclercq, Arthur Rimbaud e Stéphane Mallarmé), della morale dei poeti elisabettiani, (a partire da Edmund Spenser, Mary Wroth e Philip Sidney: tre poeti che rappresentano la poesia e il mondo elisabettiano, tra ispirazioni canoniche e non), dei metafici del Seicento. Eliot fu tra coloro che rivalutarono l’opera dei poeti metafisici del ‘600, ponendo un nuovo significato. Nel suo importante saggio dedicato ai poeti metafisici inglesi ha creato una corona di “involontari classici a lui congeniali” (parole di Montale), antenati illustri, tra i quali c’era anche Dante. 

Montale scrive in più occasioni di lui: “Nella sua poesia si trova senza dubbio la forte impronta del simbolismo francese e vi è quel modo tutto anglosassone di guardare al nostro stil novo, comune a Pound, e che esaurisce spesso nell’intarsio, nel gioco di un simbolo allusivo dell’eccitazione e dei richiami. Non ultima, anzi preponderante, si avverte la scoperta della grande poesia metafisica inglese ma a tutte queste componenti si aggiunge un suo particolare strong rhythm, il senso di una musica personalissima che fa vibrare dal sottosuolo del lessico più comune tutte le possibili armoniche. In Eliot c’è un senso della musica, molto particolare e decisivo, per la riuscita della sua poesia”. Più di ogni altro si sente la Divina Commedia di Dante a cui Eliot dedica nei suoi studi critici una monografia. Alla religione cristiana Eliot affida un compito importante attribuendo alla fede una capacità di condurre a dimensioni mistiche come l’eternità sulla quale dice: “afferrare il punto di intersezione tra l’eterno e il tempo e occupazione da santo”.

Indubbiamente i versi de La terra desolata sono il risultato dell’incontro di due poeti Eliot e Pound che Eliot stesso definisce “il miglior fabbro” perché sarà Pound con la sua autorità, la sua esperienza e la sua influenza a fargli conoscere modelli e stili letterari ma anche  a indurlo a rimodellare continuamente  con tagli, correzioni, aggiunte e sottrazione i versi che nascono dalla sua ispirazione e che saranno poi il poema La terra desolata.
Così quei versi, alla luce del rapporto tra Eliot e Pound, diventano la semplice, rapsodica narrazione dell’umanità. Voci, molte voci che fanno dei versi della terra desolata un “mainstream” che va assorbito dal lettore, che accarezza il cuore e la memoria, versi che si rifiutano di essere interpretati, spiegati. Stanno l ì a segnare il passo delle generazioni successive al fine di preservare la più genuina natura dell’uomo che è in definitiva, la natura di un animale rituale.
La Terra desolata grazie alla cultura di Eliot manipola e sconvolge i contenuti antichi secondo il metodo mitico e sul piano letterario, si offre come un mosaico ad intarsio di frammenti di altri testi. Una specie di prestiti e restituzioni che si realizzano con l’accavallarsi di simboli che si trasformano dentro una sintassi spezzata, frammentata dando così l’impressione di essere un’opera senza unità, senza un senso. Un moderno “copia e incolla”, un gioco da Facebook. Ma quello che potrebbe sembrare una stranezza ha un suo profondo significato perché è questo il modo di riflettere la caduta dell’uomo. Un uomo la cui cultura, storia, religione, i cui miti e le cui opere vien fatta a pezzi nella caduta come se fosse fatto di coccio. Da quella creta di nuovo impastata attraverso la purificazione religiosa nascerà per Eliot un uomo nuovo.




Eremo Rocca S. Stefano lunedì 6 aprile 2020                      

  Valter Marcone





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