Recensione
CECITÀ di J. Saramago (Feltrinelli) a cura di Selene Luise
Un “povero
animale”
Quando si vivono dei periodi difficili e il mondo
sembra più complicato e contorto di quanto non sia, la miglior soluzione è
leggere dei libri che ti aiutino a comprendere meglio il periodo che stai
vivendo.
Nella situazione attuale, in cui un nemico invisibile
ci tiene prigionieri nelle nostre stesse case, delle nostre paure, ho deciso di
leggere un libro che da anni attendeva sulla scaffalatura il suo turno. Un
libro la cui reputazione mi rendeva restia ad affrontare: CECITÀ di José Saramago.
In un luogo e in un’epoca imprecisati, una misteriosa
malattia rende cieca un’intera città.
Il Governo, all’inizio, cerca di arginare l’epidemia
con i normali mezzi: quarantena e isolamento, ma la situazione precipita e
l’essere umano, privato del suo senso più importante, è spogliato di ogni
sovrastruttura di civiltà, fino a ridursi, come dice l’autore stesso, a un
“povero animale.” Il che, probabilmente, è ciò che realmente siamo.
La specie umana si crede superiore perché articola
suoni complessi, è in grado di disegnare suddetti suoni e cammina su due gambe,
ma se fosse davvero quel che crede di essere, perché semina morte anziché
aiutare a vivere? Perché spende milioni per costruire armi e bombe? Perché in
mente non ha altro che il profitto? Un profitto di cosa, poi?
La storia misura l’evoluzione in base alle comodità
prodotte in una data epoca, ma se togliamo queste sovrastrutture, ci si rende
conto che forse non ci siamo mai evoluti, non come crediamo.
Questo è il messaggio che l’autore vuole trasmettere,
attraverso il racconto: siamo tutti ciechi. Non di una cecità fisica, ma
dell’anima. Siamo accecati dal progresso, dal denaro, dal potere. Quel che è
peggio è che noi stessi abbiamo creato le suddette cose. Praticamente ci
accechiamo da soli, e neanche ce ne rendiamo conto, salvo rarissime eccezioni.
Questo libro mi ha aiutato a vedere con maggior
chiarezza quel che stiamo vivendo al momento attuale e, quando tutto sarà
finito, non credo che ne usciremo migliori di prima. Forse diversi, ma non
certo migliori.
L’umanità, nel corso dei secoli, ha affrontato tante
epidemie. Ciò ha accresciuto il suo sapere scientifico, ma non l’ha di certo
migliorata.
È rimasta la solita razza votata all’autodistruzione.
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