Isaac
Asimov nel suo primo centenario
È
il 6 aprile del 1992, un martedì di primavera.
Mi
preparo per andare a scuola, frequento l’istituto tecnico della mia città,
quando mia madre mi chiama: nel telegiornale delle sette e mezza stanno
annunciando la morte di Isaac Asimov.
La
foto di repertorio mostra un viso vissuto con basette lunghe e bianche che gli
donano il celebre tratto dello studioso rigoroso ma visionario.
Isaac
Asimov, il mio scrittore preferito, il mio maestro, probabilmente è per merito
suo che sono uno scrittore di storie. Chiedo a mia madre di restare a casa, è
un giorno di lutto per la letteratura. Lei acconsente, studio per tutta la
mattinate, gli rendo omaggio così. È stato come se avessi perso un parente, se
non di più.
Il
giorno dopo sulla giustificazione scrivo “morte di Isaac Asimov” perché certe
volte bisogna fermarsi e dare il giusto tributo. Asimov ha modificato
incredibilmente il mio processo creativo e quest’anno sono cento anni dalla sua
apparizione sul pianeta terra, fenomeno definito comunemente come nascita
biologica. È tempo di commemorare questa mente straordinaria, uno dei più
grandi scrittori di fantascienza e divulgatore scientifico che l’umanità abbia
avuto. Quel che segue è il mio umile omaggio.
“Girate per strada,
e provate a immaginare cosa può celarsi dietro uno sguardo o un’azione davanti
a voi. Ecco, avete creato il primo frammento di una storia e non vi resta che
continuare a costruirla, un pezzo dopo l’altro. Se non vi viene in mente come
continuare, tornate a prendere spunto dalla realtà. I primi risultati forse non
saranno strabilianti ma è certo che in questo caso l’esercizio paga: le
migliori storie sono quelle che nascono da una mente allenata ad avere idee
semplici e originali.”
Questo è un atomo di
quello che diceva Asimov, nelle note pubblicate insieme ai suoi racconti.
La sua passione per
l’insegnamento ha permesso a moltissimi scrittori, come il sottoscritto, di apprendere
le basi della scrittura fantastica. Era riuscito a creare un filo diretto con i
suoi lettori, tra i quali c’erano anche i suoi allievi che percepivano i suoi
spassosissimi commenti come vere e proprie lezioni.
Nel racconto
“Circolo vizioso” racconta di Speedy, un robot che si trova su Mercurio, il
pianeta che dà sempre la stessa faccia verso il sole e che quindi è per metà
incandescente e per metà ghiacciato. In questa storia, particolare non da poco,
vengono citate per la prima volta le tre leggi della robotica e proprio grazie
a queste si genera una situazione di stallo. Il robot non può recar danno ai
suoi padroni e come seconda opzione deve eseguire i loro ordini; muovendosi nel
clima rovente non riesce a prendere una decisione definitiva. Il racconto
termina con un lieto fine ma il commento di Asimov, come nota finale, è il vero
colpo del maestro. Dice che dopo aver scritto quella storia si scoprì che
Mercurio non dà solo una faccia al sole, gira al contrario ed espone tutto sé
stesso al caldo incandescente. Quindi non è metà ghiacciato e metà rovente e
“Circolo vizioso” è un esaltante esempio di fantascienza!
Ma forse è
necessario che sveli qualcosa del suo genio, fin ora troppo celato, sorvolando
con leggerezza alcune delle sue incredibili trame.
Un’astronave che
viene miniaturizzata per entrare nel corpo di un uomo e salvarlo da una grave malattia,
dovendo combattere con il pericolosissimo sistema immunitario dell’ospite, da
cui fu fatto anche un film dal titolo Viaggio allucinante.
Un pianeta con sei
soli e la notte che scende ogni mille anni, che viene percepita come la fine
del mondo, è la trama di un racconto che diviene anche un romanzo: Notturno.
Esseri di luce che
giocano con la materia fino a che uno di loro sprofonda con tristezza nel
ricordo di quand’era un essere di materia, una donna, e poteva godere della
gioia del contatto, in “Occhi non soltanto per vedere”.
Un ragazzino che
rinuncia ad utilizzare la porta per teletrasportarsi a scuola perché scopre
quanto sia bello passeggiare sotto il sole, respirando la libertà.
Il primo racconto
sui robot, Robbie, dove la mamma non si fida delle sue funzioni da babysitter,
provando il complesso di Frankenstein, la paura verso tutto quello che è
artificiale.
Un supercomputer che
risponde alla domanda finale: che ne sarà dell’esistenza quando il vuoto sarà
ovunque e la materia si dissolverà? Scopritelo ne “L’ultima domanda”.
Leggete “L’uomo
bicentenario”, il suo ultimo racconto sui robot, che a differenza del film ha
dei momenti, soprattutto nel finale, davvero struggenti.
In “Ospite” un
extraterrestre visita il nostro pianeta e ipotizza che il nostro invecchiare e
morire sia causa di un parassita, simile ad una malattia ereditaria, senza la
quale, come tutti nell’universo, vivremmo in eterno.
Questo solo planando
su una parte della superficie, senza citare le opere per ragazzi, il ciclo
della Fondazione, e molto altro. Una produzione vasta e appassionata, da
scoprire e rileggere, caratterizzata dall’immediatezza e la semplicità che
hanno i geniali cantastorie, che non hanno bisogno di uno stile elaborato
perché le loro idee si reggono da sé e fanno un figurone con un vestito
essenziale.
Una volta Asimov
disse: “Quando scoppiò la bomba atomica, a parte l’orrore, per noi scrittori di
fantascienza giunse anche un altro terrore. La realtà aveva superato la
fantasia, cosa ci saremmo potuti inventare da lì in avanti?”
Caro Isaac, hai
affrontato il problema a modo tuo e, posso dire serenamente, l’hai risolto
egregiamente.
Quest’anno, il 2020,
avresti compiuto cento anni e avresti visto tante di quelle cose che avevi
immaginato e che con il progresso fanno parte della nostra vita quotidiana.
Nessuno stupore, i grandi scrittori di fantascienza sono dei visionari e
qualcuno, a furia di sognare ad occhi aperti, diventa veggente.
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