martedì 28 gennaio 2020

Il circolo letterario: Arthur Rimbaud


Il veggente per antonomasia: Arthur Rimbaud



Chissà quante volte il lettore avrà letto qualcosa, o sentito pronunciare il nome di Arthur Rimbaud, celebre poeta francese nato a metà dell’Ottocento. 





Non abbiamo avuto il tempo di fare interviste e indagini in merito, ma certo è che su di lui si sono versati non fiumi, ma una quantità biblica di gocce d’inchiostro.
Il nome di questo celebre e immortale ‘poeta maledetto’ è spesso associato ai nomi di altri autori, più o meno appartenenti allo stesso periodo storico: parliamo di Verlaine e Baudelaire.
Del tormentato e rivoluzionario poeta, molte persone avranno sentito parlare o letto dell’opera più famosa, ‘Una stagione all’inferno’, che esprime tutto il genio e la sregolatezza propri del nativo di Charleville, nelle Ardenne, una regione che doveva essere in seguito ricordata per fatti bellici importanti.
Perché non tutti sanno della fatica del giovane Rimbaud a stare dietro alla storia e alle lingue morte, nel periodo degli studi giovanili. E nonostante questo, da lì iniziò la sua fortuna. Molto spesso non si riesce a comprendere l’opera di un autore, se non collocato nel periodo in cui visse.
Arthur Rimbaud era nato nel 1854 e nel periodo della sua presenza al collegio vide la città di Parigi sotto l’assedio prussiano, la caduta di Napoleone III e la breve esperienza della Comune.
Non sappiamo se questo abbia inciso sulla già ‘perversa’ personalità di Rimbaud. Certo è che già al collegio conobbe un personaggio che rimase un caposaldo importante nella sua formazione; parliamo di Georges Izambard, al quale scrisse in una lettera del 1871 le famose parole: ‘…voglio essere poeta e lavoro a rendermi Veggente… si tratta di arrivare all’ignoto mediante la sregolatezza di tutti i sensi’.
E la sregolatezza si riflettè nella sua vita (basti ricordare la sua torbida relazione con Paul Verlaine, che toccò l’apice con il ferimento di Rimbaud durante un alterco), così come nelle opere, dove scardinò per sempre la metrica classica, liberandola dagli schemi che ritenne ormai superati.
Fu proprio Verlaine in seguito a chiamarlo ‘poeta maledetto’ e da lì la fama venne confermata da altri autori. In lui si intravedeva l’essenza visionaria di un altro grande della letteratura, parliamo di Rabelais, e la seduzione di Baudelaire, che era certamente più composto.
Izambard non fu l’unico a cui scrisse; lo fece anche a Paul Demeny, al quale scrisse la celebre frase, passata alla storia: ‘Io dico che bisogna esser veggente, farsi veggente…Dunque il poeta è veramente un ladro di fuoco…’. Il riferimento alla storia mitologica di Prometeo, che rubò il fuoco agli Dèi per donarlo agli uomini, gli consentì di esprimere l’essenza dell’essere un Poeta: colui che rubava il fuoco della ispirazione divina, fissandolo nei versi immortali
Rimbaud viaggiò molto, in linea con la sua anima tormentata, e passò molti guai, oltre alla vicenda del ferimento sopracitato. Venne arrestato anche per vagabondaggio e nella seconda parte della sua vita intraprese un viaggio in Africa. Fu in questo periodo che gli vennero pubblicate ‘Les Illuminations’, altro caposaldo della letteratura e della poetica dell’autore.
Ma in Africa, iniziò ad avere dei problemi a un ginocchio che lo costrinsero a tornare in Francia. E qui iniziò un calvario che dovette condurlo alla morte, che lo portò via a soli trentasette anni.
Come tanti autori, geniali e dannati, Rimbaud si colloca nell’Olimpo della letteratura, dando ispirazione a generazioni future di poeti, o aspiranti tali. E a noi fa piacere ricordarlo per la sua rivoluzionaria visione della Poesia.




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