Il veggente per antonomasia: Arthur Rimbaud
Chissà quante volte il lettore avrà letto qualcosa, o
sentito pronunciare il nome di Arthur Rimbaud, celebre poeta francese nato a
metà dell’Ottocento.
Non abbiamo avuto il tempo di fare interviste e indagini in merito, ma certo è che su di lui si sono versati non fiumi, ma una quantità biblica di gocce d’inchiostro.
Non abbiamo avuto il tempo di fare interviste e indagini in merito, ma certo è che su di lui si sono versati non fiumi, ma una quantità biblica di gocce d’inchiostro.
Il nome di questo celebre e immortale ‘poeta maledetto’ è
spesso associato ai nomi di altri autori, più o meno appartenenti allo stesso
periodo storico: parliamo di Verlaine e Baudelaire.
Del tormentato e rivoluzionario poeta, molte persone avranno
sentito parlare o letto dell’opera più famosa, ‘Una stagione all’inferno’, che
esprime tutto il genio e la sregolatezza propri del nativo di Charleville,
nelle Ardenne, una regione che doveva essere in seguito ricordata per fatti
bellici importanti.
Perché non tutti sanno della fatica del giovane Rimbaud a
stare dietro alla storia e alle lingue morte, nel periodo degli studi
giovanili. E nonostante questo, da lì iniziò la sua fortuna. Molto spesso non
si riesce a comprendere l’opera di un autore, se non collocato nel periodo in
cui visse.
Arthur Rimbaud era nato nel 1854 e nel periodo della sua presenza al collegio vide la città di Parigi sotto l’assedio prussiano, la caduta di Napoleone III e la breve esperienza della Comune.
Arthur Rimbaud era nato nel 1854 e nel periodo della sua presenza al collegio vide la città di Parigi sotto l’assedio prussiano, la caduta di Napoleone III e la breve esperienza della Comune.
Non sappiamo se questo abbia inciso sulla già ‘perversa’
personalità di Rimbaud. Certo è che già al collegio conobbe un personaggio che
rimase un caposaldo importante nella sua formazione; parliamo di Georges
Izambard, al quale scrisse in una lettera del 1871 le famose parole: ‘…voglio
essere poeta e lavoro a rendermi Veggente… si tratta di arrivare all’ignoto
mediante la sregolatezza di tutti i sensi’.
E la sregolatezza si riflettè nella sua vita (basti
ricordare la sua torbida relazione con Paul Verlaine, che toccò l’apice con il
ferimento di Rimbaud durante un alterco), così come nelle opere, dove scardinò
per sempre la metrica classica, liberandola dagli schemi che ritenne ormai
superati.
Fu proprio Verlaine in seguito a chiamarlo ‘poeta maledetto’
e da lì la fama venne confermata da altri autori. In lui si intravedeva
l’essenza visionaria di un altro grande della letteratura, parliamo di
Rabelais, e la seduzione di Baudelaire, che era certamente più composto.
Izambard non fu l’unico a cui scrisse; lo fece anche a Paul
Demeny, al quale scrisse la celebre frase, passata alla storia: ‘Io dico che
bisogna esser veggente, farsi veggente…Dunque il poeta è veramente un ladro di
fuoco…’. Il riferimento alla storia mitologica di Prometeo, che rubò il
fuoco agli Dèi per donarlo agli uomini, gli consentì di esprimere l’essenza
dell’essere un Poeta: colui che rubava il fuoco della ispirazione
divina, fissandolo nei versi immortali
Rimbaud viaggiò molto, in linea con la sua anima tormentata,
e passò molti guai, oltre alla vicenda del ferimento sopracitato. Venne
arrestato anche per vagabondaggio e nella seconda parte della sua vita
intraprese un viaggio in Africa. Fu in questo periodo che gli vennero
pubblicate ‘Les Illuminations’, altro caposaldo della letteratura e
della poetica dell’autore.
Ma in Africa, iniziò ad avere dei problemi a un ginocchio
che lo costrinsero a tornare in Francia. E qui iniziò un calvario che dovette
condurlo alla morte, che lo portò via a soli trentasette anni.
Come tanti autori, geniali e dannati, Rimbaud si colloca
nell’Olimpo della letteratura, dando ispirazione a generazioni future di poeti,
o aspiranti tali. E a noi fa piacere ricordarlo per la sua rivoluzionaria
visione della Poesia.
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