Sei poesie da
HAUNT
di
SUSAN MC MASTER
Symbiosis
The stuffed lion I
bought when my daughter left
is soft as her mane
was when, dozing and mumbling,
she turned to my
breast. This lion, this leo,
this up-bumping
curl of a pillow tucked under
my reading elbow is
round and sustaining,
never complains,
though I lean my weight
on his springy
back, ruffle his fur, brush under his chin.
Over days and
weeks, the repeated smooth of fingers
flattens his
bouncing rebound, my human oils
leave something
behind in the thick of his ruff.
It stiffens, begins
to stick to my touch,
like new cards
shuffled from fresh to limp.
No longer the quick
slap of luck,
the glissando of
kings, queens, aces,
fanned apart in my
hands.
My ace, now off on
her life’s explore.
She laughs each
time she returns for a break,
picks up the
alternate dubbed with her name
by a mother left
behind. Laughs at the child’s
stuffed lion on the
couch, that is not her.
That rubs, wears.
While my daughter
plumps and shines.
Simbiosi
Il leone di
pezza che comprai quando mia figlia partì
è morbido com’era la sua chioma quando, tra mormorii e sopore,
il mio seno cercava. Questo leone, questo leo,
questo ricciolo rimbalzante di cuscino piegato sotto
il mio gomito da lettura è un tondo sostegno,
mai si lagna, anche se il mio peso ne preme
la schiena elastica, gli arruffo il pelo e lo striglio sotto il mento.
Dopo giorni e
settimane, il lisciare iterato delle dita
appiattisce il suo rimbalzo balzante, i miei fluidi umani
lasciano residui nel folto del suo vello.
Si fa rigido, inizia ad appiccicarsi al tatto,
come carte nuove scozzate da fresche a flosce.
Non più lo svelto colpo di fortuna,
il glissando di re, regine, assi,
aperti a ventaglio nelle mie mani.
Il mio asso,
ora, fuori alla scoperta della vita.
Lei ride ogni volta che torna per una vacanza,
solleva il sostituto ribattezzato col suo nome
da una madre abbandonata. Ride del peluche
per bimbi, sul
divano, il leone che non è lei.
Che si fa
liso, s’usura. Mentre mia figlia
s’arrotonda e
splende.
New Glasses
I’m beginning to
annoy myself
for the
disappointment I feel
each time I check
the mirror
wearing my new
glasses.
I always look more
frayed,
messy, incoherent
than the image in
my mind
as I don my
clothes, fluff my hair,
inside the mental
photo
of forty years
before.
But it’s no good,
these glasses
show me what
happens
when I let the wind
catch
my thinning mop.
Highlight every
bulge.
Point out that even
if I pare
these flabby
pounds,
the remaining sad
sheath
will just sag a
little more.
Time for me to
fashion
a different stance:
the wide legged,
hip-armed,
hat-pulled-down
watcher
on the edge of the
field
where others work
and play,
who claps and
applauds
but no longer
expects it back.
The knowledge that
at last
I’m not becoming
but become.
Occhiali nuovi
Inizia a irritarmi
ogni volta che mi specchio
con indosso gli occhiali nuovi.
L’aspetto è sempre più frusto,
sciatto, incoerente
dell’idea che ho di me
mentre mi vesto, mi cotono i capelli,
dentro la foto mentale
di quarant’anni prima.
Ma non serve, questi occhiali
mi rivelano cosa accade
quando abbandono al vento
la mia chioma sfoltita.
Evidenziano ogni turgore.
Rimarcano che pur riducendo
questi chili flaccidi,
la mesta guaina che resta
s’affloscerà solo un po’di più.
Tempo per me di plasmare
una diversa postura:
gambe larghe, fianchi forniti,
guardia del cappello abbassata
sul bordo del campo
dove altri lavorano e giocano,
chi dà pacche e chi applaude
ma non s’aspetta più nulla in cambio.
La consapevolezza che finalmente
non sto diventando
ma sono diventata.
Socks
Sometimes I love you so much
it’s ridiculous. I love you
three times more
than anyone should. I love the feel
of your shoulders under my hands,
the hoot of your night breath.
And yes, I can imagine
your death – but while I paint
the story in detail, keep writing
the words I’d say at your funeral –
I cannot imagine my life
without you.
Except to say it would be
food with none of the glow
of a perfectly ripe brie
surrounded by slices of pear,
no socked feet sticking out
over the end of the sofa
to rub as I walk past,
no sudden burping laugh
at a YouTube fail or idiocy,
no body waiting warm and awake
as I climb late into bed
where you went an hour before,
maybe hoping I would follow,
abandoning my paper hero
for a hero in the flesh.
I roll over, roll away from these
four-in-the-morning maunderings
to check if you’re still there.
Pull the blankets up over your shoulders.
Settle into the pillow on my side, facing you.
Your breaths still meeting mine
somewhere in between.
Calzini
Ti amo così tanto, a volte,
è ridicolo. Ti amo
tre volte di più
del dovuto. Amo la sensazione
delle tue spalle sotto le mie mani,
il ronfo del tuo respiro la notte.
E sì, riesco a immaginare
la tua morte - ma mentre dipingo
la storia in dettaglio, seguo a scrivere
le parole che direi al tuo funerale -
non riesco a immaginarmi la vita
senza te.
Posso solo dire che sarebbe
cibo senza nulla del bagliore
d’un brie stagionato a puntino
contornato da fette di pera,
nessun piede in calzino che sporge
oltre il bordo del divano
da strofinare al mio passaggio,
nessuna risata eruttante
a un fiasco o un’idiozia su YouTube,
nessun corpo caldo e desto in attesa
quando m’infilo tardi nel letto
dove eri andato un’ora prima,
sperando forse che ti seguissi,
abbandonando il mio eroe di carta
per un eroe in carne ed ossa.
Mi giro di lato,
distanziandomi da questi
sproloqui delle quattro del mattino
per verificare se sei ancora lì.
Ti rimbocco le coperte sulle spalle.
Mi sistemo sul mio cuscino, rivolta a te.
I tuoi respiri ancora incontrano il mio
in qualche terra di mezzo.
Breaking a Habit
for a friend who smokes
It’s like trying to outwit a racoon.
Build a shed with bolted doors in the gravelled
side yard where nothing grows but weeds
in the humid exhaust from the furnace.
Then bag the garbage in cans battered and rusty
but tight at the top and hard to prise open.
Keep them in the porch till the pickup day.
Bring them out in daylight, not the night before.
Don’t be discouraged if sometimes the scavenger
rakes at the locked doors with clever claws
that rip apart the cracking plywood.
Just repair the gap with another, thicker piece.
Reattach the bolt with screws this time, not nails.
Set a motion detector to light up the marauders
so you can try to chase them away, though
they’re really not scared of the broom you flail.
And listen for the squeaks, the chortles –
that will let you catch them before they begin
to wrestle over choice bits of spoil.
Then be firm in your cries: Go home, get off,
this is not
your place! I will not give up,
I will not disappear.
Liberarsi d’un vizio
per un amico che fuma
È un po’ come battere un procione in
astuzia
Erigi un capanno con porte sprangate nel cortile
laterale inghiaiato dove nulla cresce se non erbacce
nello scarico umido della caldaia.
Poi, stipi i rifiuti in latte peste e rugginose
ma strette in cima e difficili da aprire.
Tienili sulla veranda fino al giorno del ritiro.
Portali fuori al mattino, non la sera prima.
Non scorarti se a volte un saprofago
raschia le porte sprangate con astuti
artigli
che squarciano il compensato scricchiolante.
Ripara la crepa con un altro pezzo, più spesso.
Stavolta la spranga fissala con viti, non con chiodi.
Poni un rilevatore di moto per abbagliare i furfanti
in modo da provare a scacciarli, anche se
la scopa che dimeni non li spaventa punto.
E presta orecchio ai cigolii, ai chiocci -
ti aiuteranno a beccarli prima che inizino
a contendersi le spoglie del bottino
Sii fermo, allora, quando gridi: andate a casa, via,
questo non è posto per voi! Io non mi arrenderò,
io non sparirò.
Charity
The morning slivers and glitters
through crab apples frozen and sweet
as clumps of cherries to a flock of
chickadees.
A big white truck pulls up to the door
to deliver our new dryer at the hands of
two men
with strong, crafty shoulders.
That fridge? Does it work? one asks,
shoving a trolley along the path we forced
through the junk in the garage.
There’s a family we know
could use such a thing.
– I should ask my husband first...
Sure, give us a call. We could take
that old washing machine too.
– My mother’s machine...
– What the heck! Take them both.
The smiles on their faces, their vigour
and speed
as they slide fridge and washer into the
truck.
When they’re gone, the space in the garage
seems to call for more of itself. I could
throw out
all the rest of this stuff, give it away.
Leave room for nothing but sun
heaped with morning
rolling in through the open door.
Beneficenza
Il mattino si
frange in sfavillii
tra mele
selvatiche gelate e dolci
come mazzetti di
ciliegie per stormo di cince.
Un grosso camion
bianco si ferma alla porta:
due uomini dalle
forti e abili spalle
ci consegnano la
nuova asciugatrice.
Quel frigo là?
Funziona? Chiede uno, mentre
spinge un
carrello sulla pista aperta a forza
tra il ciarpame
nel garage.
Conosciamo una
famiglia a cui
servirebbe una
cosa così.
- Dovrei
chiedere a mio marito prima ...
Certo, ci dia
uno squillo. Potremmo prendere
anche quella
vecchia lavatrice.
- La lavatrice
di mia madre ...
- Diamine!
Prendiamoli entrambi.
I sorrisi sui
loro volti, il vigore e la sveltezza
con cui infilano
frigo e lavatrice nel camion.
Andati via loro,
lo spazio nel garage
sembra
richiedere più spazio. Potrei buttare via
tutto il resto
di questa roba, regalarla.
Non lasciare
spazio se non per il sole
stracolmo di
mattino
che s’intrufola
dalla porta aperta.
Mother’s News
Each day, when I bring her the paper, she
tells me
there’s no more war, that the world,
united,
sends food to the starving, drops bags of
water
wherever there’s drought. I don’t
contradict her.
TV, radio, the battling web don’t enter
her room
full of dahlias, sun, an orange tree in
fruit.
She still reads, though: “cozies”, where
each
death is a shock. We share them back and
forth.
But not the front pages. They’re blocked
from her view by her own defenses,
her own censor’s black in a letter home.
But something bleeds through – the children
she couldn’t save, her own brood soon
to be left without a shield. So she’s made
a better tale: In my lifetime, she
says,
so much has changed. Airplanes, cars.And at last, we have peace.
Yes, I answer, Peace is coming. Not a
lie:
in time, we will save or destroy this blue
haven.
Peace of a kind.
Le notizie di mamma
Ogni giorno, quando le porto il giornale,
mi dice
che non c'è più guerra, che il mondo,
unito,
manda cibo a chi ha fame, butta sacchi
d'acqua
ovunque ci sia siccità. Non la
contraddico.
TV, radio, le lotte della Rete non
entrano la stanza
di lei piena di dalie, sole, un
arancio con frutti.
Legge ancora, tuttavia: "cozy
mystery", dove
ogni morte è uno shock. Ce li
scambiamo più volte.
Non le prime pagine, però. Sono
bloccate
alla sua vista dalle sue stesse
difese,
dal suo nero censorio in una lettera a
casa.
Ma qualcosa sanguina: i bambini
che non potè salvare, presto la sua
propria nidiata
lasciata indifesa. Così, si inventa
una storia migliore: Nell’arco della mia vita, dice,
così
tanto è cambiato. Aerei, automobili.
E
alla fine, abbiamo la pace.
Sì, rispondo, La pace sta arrivando. Non una bugia:
col tempo, salveremo o distruggeremo
questo rifugio azzurro.
In un modo o nell’altro è pace.
Traduzioni di Angela D’Ambra
NOTA BIOGRAFICA
Susan McMaster è poetessa, redattrice letteraria, poetessa performativa
canadese
Vive a Ottawa, Ontario, dove si è trasferita con la famiglia nel 1955 e dove ha frequentato la First Avenue
Public School, Elmdale, Connaught, Lisgar Collegiate (1966), la Carleton
University (B.A. inglese; studi universitari in giornalismo 1970), e l’Ottawa
Teacher’s College (Elementary Certificate 1971). Susan ha insegnato per alcuni
anni, ma gran parte della sua carriera di lavoro retribuito è stata svolta in
veste redattrice, presso la National Gallery of Canada, per cui ha redatto
qualcosa come quaranta cataloghi d’arte (1989-2008). È stata fondatrice di Vernissage, la rivista della
Galleria.
Con il marito Ian trascorre parte di ogni estate nel cottage in Nova
Scotia sulla baia di Fundy. Hanno due figlie: Morel e Aven. Aven, sposata con
Mark Sundaram, è madre dei loro nipotini: Eric,
nato 2006; Edmund, nato 2010.
Nel 2011-12, Susan è stata Presidente della League of Canadian Poets.
I suoi libri di poesia
più recenti (anteriori a Haunt) sono: Paper Affair:
Selected Poems e New (Black Moss 2010); Pith and Wry: Canadian Poetry (Scrivener Press 2010) e Crossing Arcs:
Alzheimer’s, My Mother,
and Me (Black
Moss 2010), finalista per l’Acorn-Plantos People’s Poetry Prize (2010), per
l’Ottawa Book Awards (2010) e per l’ Archibald Lampman Poetry Prize (2010). Susan è
autrice di varie raccolte di parole e musica, registrazioni di poesia per performance, copioni; ha
curato antologie e puvìbblicazioni di poesia; è stata fondatrice ed editore
della rivista nazionale femminista e d’arte Branching
Out (1973-).
La McMaster è membro fondatore del gruppo intermediale First Draft (1981-)
Dal 1996, è stata paroliere in Geode
Music & Poetry (ex- SugarBeat), dando vita a
quattro registrazioni di parole e musica con Jennifer Giles alle tastiere,
Alrick Huebener al basso, GavinMcLintock al sax. Ha realizzato spettacoli e
registrato con SugarBeat e Geode in oltre 50
sedi, tra cui il Banff Centre, la Nazional Library, il Kingston Fringe Jazz Festival, il Rasputin, il Blue Skies Music
Festival, l’Ottawa
Folk Festival, l’Elora Music Festival, l’Artscape, il WordBeat, il Morningside, Go, il National Arts Center Fourth Stage, l’International Writers Festival di Ottawa.
Susan ha dato letture di poesia e si è esibita in festival ed eventi
in Francia e in Italia.
Il suo libro di mezz’età, i ricordi contenuti in The Gargoyle’s Ear: Writing in Ottawa (Black Moss, 2007), racconta storie di progetti, contatti e interessi
che costituiscono la sua vita di poeta. Il libro millenaristico, Waging Peace, raccoglie poesia, arte e testi da Convergence:
Poems for Peace, che nel 2001 ha presentato in
tutto il Canada, a deputati e senatori, poesie in forma d’arte. La sua raccolta
di poesie Until the Light Bends (Black Moss Press) è entrata nella rosa dei finalisti dell’Archibald Lampman Award per la
poesia (2005) e dell’Ottawa Book
Award (2005) quale miglior libro dell’anno.
Susan è membro della
League of Canadian Poets, del Writers’ Union of Canada, della Nova Scotia
Writers’ Federation, PEN (Canada), del Writers’ Trust, SOCAN, Access
copyright, e della Religious Society of Friends (Quakers).
NOTA
"Queste sei poesie, inedite in Italia, non
sono incluse nella silloge Visitazioni,
poesie scelte da Haunt di Susan
McMaster, terza plaquette della collana Foglie d’acero, pubblicata in Italia da
IMPREMIX.