martedì 15 settembre 2020

Susan Mc Master, sei poesie da 'Haunt'

 

Sei poesie da

 

HAUNT

di

SUSAN MC MASTER


  a cura di Valentina Meloni




 

Symbiosis

 

The stuffed lion I bought when my daughter left
is soft as her mane was when, dozing and mumbling,
she turned to my breast. This lion, this leo,
this up-bumping curl of a pillow tucked under
my reading elbow is round and sustaining,
never complains, though I lean my weight
on his springy back, ruffle his fur, brush under his chin.


Over days and weeks, the repeated smooth of fingers
flattens his bouncing rebound, my human oils
leave something behind in the thick of his ruff.
It stiffens, begins to stick to my touch,
like new cards shuffled from fresh to limp.
No longer the quick slap of luck,
the glissando of kings, queens, aces,
fanned apart in my hands.

 

My ace, now off on her life’s explore.
She laughs each time she returns for a break,
picks up the alternate dubbed with her name
by a mother left behind. Laughs at the child’s
stuffed lion on the couch, that is not her.
That rubs, wears. While my daughter

plumps and shines.

 

 

   

 

Simbiosi

 

Il leone di pezza che comprai quando mia figlia partì
è morbido com’era la sua chioma quando, tra mormorii e sopore,
il mio seno cercava. Questo leone, questo leo,
questo ricciolo rimbalzante di cuscino piegato sotto
il mio gomito da lettura è un tondo sostegno,
mai si lagna, anche se il mio peso ne preme
la schiena elastica, gli arruffo il pelo e lo striglio sotto il mento.

 

Dopo giorni e settimane, il lisciare iterato delle dita
appiattisce il suo rimbalzo balzante, i miei fluidi umani
lasciano residui nel folto del suo vello.
Si fa rigido, inizia ad appiccicarsi al tatto,
come carte nuove scozzate da fresche a flosce.
Non più lo svelto colpo di fortuna,
il glissando di re, regine, assi,
aperti a ventaglio nelle mie mani.

 

Il mio asso, ora, fuori alla scoperta della vita.
Lei ride ogni volta che torna per una vacanza,
solleva il sostituto ribattezzato col suo nome
da una madre abbandonata. Ride del peluche

per bimbi, sul divano, il leone che non è lei.

Che si fa liso, s’usura. Mentre mia figlia

s’arrotonda e splende.

 

 


  

 

New Glasses

 

I’m beginning to annoy myself
for the disappointment I feel
each time I check the mirror
wearing my new glasses.
I always look more frayed,
messy, incoherent
than the image in my mind
as I don my clothes, fluff my hair,
inside the mental photo
of forty years before.
But it’s no good, these glasses
show me what happens
when I let the wind catch
my thinning mop.
Highlight every bulge.
Point out that even if I pare
these flabby pounds,
the remaining sad sheath
will just sag a little more.
Time for me to fashion
a different stance:
the wide legged, hip-armed,
hat-pulled-down watcher
on the edge of the field
where others work and play,
who claps and applauds
but no longer expects it back.
The knowledge that at last
I’m not becoming 
but become.

 

 

 

  

 

 

Occhiali nuovi

 

Inizia a irritarmi

la delusione che provo
ogni volta che mi specchio

con indosso gli occhiali nuovi.
L’aspetto è sempre più frusto,
sciatto, incoerente
dell’idea che ho di me
mentre mi vesto, mi cotono i capelli,
dentro la foto mentale
di quarant’anni prima.
Ma non serve, questi occhiali
mi rivelano cosa accade
quando abbandono al vento
la mia chioma sfoltita.
Evidenziano ogni turgore.
Rimarcano che pur riducendo
questi chili flaccidi,
la mesta guaina che resta
s’affloscerà solo un po’di più.
Tempo per me di plasmare
una diversa postura:
gambe larghe, fianchi forniti,
guardia del cappello abbassata
sul bordo del campo
dove altri lavorano e giocano,
chi dà pacche e chi applaude
ma non s’aspetta più nulla in cambio.
La consapevolezza che finalmente
non sto diventando
ma sono diventata.

  


  

 

 










Socks

 

Sometimes I love you so much

it’s ridiculous. I love you

three times more

than anyone should. I love the feel

of your shoulders under my hands,

the hoot of your night breath.

And yes, I can imagine

your death – but while I paint

the story in detail, keep writing

the words I’d say at your funeral –

I cannot imagine my life

without you.

 

Except to say it would be

food with none of the glow

of a perfectly ripe brie

surrounded by slices of pear,

no socked feet sticking out

over the end of the sofa

to rub as I walk past,

no sudden burping laugh

at a YouTube fail or idiocy,

no body waiting warm and awake

as I climb late into bed

where you went an hour before,

maybe hoping I would follow,

abandoning my paper hero

for a hero in the flesh.

 

I roll over, roll away from these

four-in-the-morning maunderings

to check if you’re still there.

Pull the blankets up over your shoulders.

Settle into the pillow on my side, facing you.

Your breaths still meeting mine

somewhere in between.

 

 

 

 

  

 

 

 

Calzini


Ti amo così tanto, a volte,
è ridicolo. Ti amo
tre volte di più
del dovuto. Amo la sensazione
delle tue spalle sotto le mie mani,
il ronfo del tuo respiro la notte.
E sì, riesco a immaginare
la tua morte - ma mentre dipingo
la storia in dettaglio, seguo a scrivere
le parole che direi al tuo funerale -
non riesco a immaginarmi la vita
senza te.

 

Posso solo dire che sarebbe
cibo senza nulla del bagliore
d’un brie stagionato a puntino
contornato da fette di pera,
nessun piede in calzino che sporge
oltre il bordo del divano
da strofinare al mio passaggio,
nessuna risata eruttante
a un fiasco o un’idiozia su YouTube,
nessun corpo caldo e desto in attesa
quando m’infilo tardi nel letto
dove eri andato un’ora prima,
sperando forse che ti seguissi,
abbandonando il mio eroe di carta
per un eroe in carne ed ossa.

Mi giro di lato, distanziandomi da questi
sproloqui delle quattro del mattino
per verificare se sei ancora lì.
Ti rimbocco le coperte sulle spalle.
Mi sistemo sul mio cuscino, rivolta a te.
I tuoi respiri ancora incontrano il mio
in qualche terra di mezzo.

 

  

   


 

 

 


Breaking a Habit

                                   for a friend who smokes

 

It’s like trying to outwit a racoon.

Build a shed with bolted doors in the gravelled

side yard where nothing grows but weeds

in the humid exhaust from the furnace.

Then bag the garbage in cans battered and rusty

but tight at the top and hard to prise open.

Keep them in the porch till the pickup day.

Bring them out in daylight, not the night before.

Don’t be discouraged if sometimes the scavenger

rakes at the locked doors with clever claws

that rip apart the cracking plywood.

Just repair the gap with another, thicker piece.

Reattach the bolt with screws this time, not nails.

Set a motion detector to light up the marauders

so you can try to chase them away, though

they’re really not scared of the broom you flail.

And listen for the squeaks, the chortles –

that will let you catch them before they begin

to wrestle over choice bits of spoil.

Then be firm in your cries: Go home, get off,

this is not your place! I will not give up,

I will not disappear.

 

 

 

 

  

 

 

Liberarsi d’un vizio
                                     per un amico che fuma

È un po’ come battere un procione in astuzia
Erigi un capanno con porte sprangate nel cortile
laterale inghiaiato dove nulla cresce se non erbacce
nello scarico umido della caldaia.
Poi, stipi i rifiuti in latte peste e rugginose
ma strette in cima e difficili da aprire.
Tienili sulla veranda fino al giorno del ritiro.
Portali fuori al mattino, non la sera prima.
Non scorarti se a volte un saprofago

raschia le porte sprangate con astuti artigli
che squarciano il compensato scricchiolante.
Ripara la crepa con un altro pezzo, più spesso.
Stavolta la spranga fissala con viti, non con chiodi.
Poni un rilevatore di moto per abbagliare i furfanti
in modo da provare a scacciarli, anche se
la scopa che dimeni non li spaventa punto.
E presta orecchio ai cigolii, ai chiocci -
ti aiuteranno a beccarli prima che inizino
a contendersi le spoglie del bottino
Sii fermo, allora, quando gridi: andate a casa, via,

questo non è posto per voi! Io non mi arrenderò,

io non sparirò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Charity

 

The morning slivers and glitters

through crab apples frozen and sweet

as clumps of cherries to a flock of chickadees.

A big white truck pulls up to the door

to deliver our new dryer at the hands of two men

with strong, crafty shoulders.

That fridge? Does it work? one asks,

shoving a trolley along the path we forced

through the junk in the garage.

There’s a family we know

could use such a thing.

– I should ask my husband first...

Sure, give us a call. We could take

that old washing machine too.

– My mother’s machine...

– What the heck! Take them both.

The smiles on their faces, their vigour and speed

as they slide fridge and washer into the truck.

When they’re gone, the space in the garage

seems to call for more of itself. I could throw out

all the rest of this stuff, give it away.

Leave room for nothing but sun

heaped with morning

rolling in through the open door.

 

 

 

 

 

 

   

 

Beneficenza

 

Il mattino si frange in sfavillii

tra mele selvatiche gelate e dolci

come mazzetti di ciliegie per stormo di cince.

Un grosso camion bianco si ferma alla porta:

due uomini dalle forti e abili spalle

ci consegnano la nuova asciugatrice.

Quel frigo là? Funziona? Chiede uno, mentre

spinge un carrello sulla pista aperta a forza

tra il ciarpame nel garage.

Conosciamo una famiglia a cui

servirebbe una cosa così.

- Dovrei chiedere a mio marito prima  ...

Certo, ci dia uno squillo. Potremmo prendere

anche quella vecchia lavatrice.

- La lavatrice di mia madre ...

- Diamine! Prendiamoli entrambi.

I sorrisi sui loro volti, il vigore e la sveltezza

con cui infilano frigo e lavatrice nel camion.

Andati via loro, lo spazio nel garage

sembra richiedere più spazio. Potrei buttare via

tutto il resto di questa roba, regalarla.

Non lasciare spazio se non per il sole

stracolmo di mattino

che s’intrufola dalla porta aperta.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 





Mother’s News

 

Each day, when I bring her the paper, she tells me
there’s no more war, that the world, united,
sends food to the starving, drops bags of water
wherever there’s drought. I don’t contradict her.
TV, radio, the battling web don’t enter her room
full of dahlias, sun, an orange tree in fruit.

She still reads, though: “cozies”, where each
death is a shock. We share them back and forth.
But not the front pages. They’re blocked
from her view by her own defenses,
her own censor’s black in a letter home.
But something bleeds through – the children
she couldn’t save, her own brood soon
to be left without a shield. So she’s made
a better tale: In my lifetime, she says,
so much has changed. Airplanes, cars.And at last, we have peace.


Yes,
I answer, Peace is coming. Not a lie:
in time, we will save or destroy this blue haven.

Peace of a kind.

 

  

 

 

  

 

 

 

 

Le notizie di mamma

 

Ogni giorno, quando le porto il giornale, mi dice
che non c'è più guerra, che il mondo, unito,
manda cibo a chi ha fame, butta sacchi d'acqua
ovunque ci sia siccità. Non la contraddico.
TV, radio, le lotte della Rete non entrano la stanza
di lei piena di dalie, sole, un arancio con frutti.

 

Legge ancora, tuttavia: "cozy mystery", dove
ogni morte è uno shock. Ce li scambiamo più volte.
Non le prime pagine, però. Sono bloccate
alla sua vista dalle sue stesse difese,
dal suo nero censorio in una lettera a casa.
Ma qualcosa sanguina: i bambini
che non potè salvare, presto la sua propria nidiata
lasciata indifesa. Così, si inventa
una storia migliore: Nell’arco della mia vita, dice,
così tanto è cambiato. Aerei, automobili.
E alla fine, abbiamo la pace.

 

, rispondo, La pace sta arrivando. Non una bugia:
col tempo, salveremo o distruggeremo questo rifugio azzurro.
In un modo o nell’altro è pace.

 

 

 

Traduzioni di Angela D’Ambra

 

 

 

 

    

 

 

 

 

 

 

NOTA BIOGRAFICA

 

Susan McMaster è poetessa, redattrice letteraria, poetessa performativa canadese

 

Vive a Ottawa, Ontario, dove si è trasferita con la famiglia nel 1955 e dove ha frequentato la First Avenue Public School, Elmdale, Connaught, Lisgar Collegiate (1966), la Carleton University (B.A. inglese; studi universitari in giornalismo 1970), e l’Ottawa Teacher’s College (Elementary Certificate 1971). Susan ha insegnato per alcuni anni, ma gran parte della sua carriera di lavoro retribuito è stata svolta in veste redattrice, presso la National Gallery of Canada, per cui ha redatto qualcosa come quaranta cataloghi d’arte (1989-2008). È stata fondatrice di Vernissage, la rivista della Galleria.

 

Con il marito Ian trascorre parte di ogni estate nel cottage in Nova Scotia sulla baia di Fundy. Hanno due figlie: Morel e Aven. Aven, sposata con Mark Sundaram, è madre dei loro nipotini: Eric,

nato 2006; Edmund, nato 2010.

 

Nel 2011-12, Susan è stata Presidente della League of Canadian Poets.

 

I suoi libri di poesia più recenti (anteriori a Haunt) sono: Paper Affair: Selected Poems e New (Black Moss 2010); Pith and Wry: Canadian Poetry (Scrivener Press 2010) e Crossing Arcs: Alzheimer’s, My Mother, and Me (Black Moss 2010), finalista per l’Acorn-Plantos People’s Poetry Prize (2010), per l’Ottawa Book Awards (2010) e per l’ Archibald Lampman Poetry Prize (2010). Susan è autrice di varie raccolte di parole e musica, registrazioni di poesia per performance, copioni; ha curato antologie e puvìbblicazioni di poesia; è stata fondatrice ed editore della rivista nazionale femminista e d’arte Branching Out (1973-).

 

La McMaster è membro fondatore del gruppo intermediale First Draft (1981-)

 

Dal 1996, è stata paroliere in Geode Music & Poetry (ex- SugarBeat), dando vita a quattro registrazioni di parole e musica con Jennifer Giles alle tastiere, Alrick Huebener al basso, GavinMcLintock al sax. Ha realizzato spettacoli e registrato con SugarBeat e Geode in oltre 50 sedi, tra cui il Banff Centre, la Nazional Library, il Kingston Fringe Jazz Festival, il Rasputin, il Blue Skies Music Festival, l’Ottawa Folk Festival, l’Elora Music Festival, l’Artscape, il WordBeat, il Morningside, Go, il National Arts Center Fourth Stage, l’International Writers Festival di Ottawa.

 

Susan ha dato letture di poesia e si è esibita in festival ed eventi in Francia e in Italia.

 

Il suo libro di mezz’età, i ricordi contenuti in The Gargoyle’s Ear: Writing in Ottawa (Black Moss, 2007), racconta storie di progetti, contatti e interessi che costituiscono la sua vita di poeta. Il libro millenaristico, Waging Peace, raccoglie poesia, arte e testi da Convergence: Poems for Peace, che nel 2001 ha presentato in tutto il Canada, a deputati e senatori, poesie in forma d’arte. La sua raccolta di poesie Until the Light Bends (Black Moss Press) è entrata nella rosa dei finalisti dell’Archibald Lampman Award per la poesia (2005) e dell’Ottawa Book Award (2005) quale miglior libro dell’anno.

 

Susan è membro della League of Canadian Poets, del Writers’ Union of Canada, della Nova Scotia Writers’ Federation, PEN (Canada), del Writers’ Trust, SOCAN, Access copyright, e della Religious Society of Friends (Quakers).

 

 

 

 


 





NOTA

"Queste sei poesie, inedite in Italia, non sono incluse nella silloge Visitazioni, poesie scelte da Haunt di Susan McMaster, terza plaquette della collana Foglie d’acero, pubblicata in Italia da IMPREMIX. Ringrazio Susan McMaster e Black Moss Press per aver permesso di tradurre e pubblicare i sei testi affiancati dalle loro traduzioni italiane. Ringrazio Valentina Meloni per la fiducia accordata." (Angela D’Ambra)

 

     

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